Tre buoni motivi per leggere “Esercizi di fiducia” di Susan Choi

Tempo di lettura: 2 minuti

4 out of 5 stars (4 / 5)

Spiazza e non lascia indifferenti

 


 

Luca Briasco scrive, nella premessa all’edizione aggiornata del suo “Americana – Libri, autori e storie dell’America contemporanea” (Minimum Fax), che “…quasi a voler proporre un percorso inverso e complementare a quello (essenzialmente centripeto) della narrativa maschile, le migliori e più coraggiose scrittrici statunitensi si sono lanciate nell’esplorazione a tutto campo del nuovo (e artefatto) sogno americano, svelandone limiti e menzogne”.

A questa categoria si iscrive sicuramente Susan Choi, finalmente proposta in italiano con il suo “Esercizi di fiducia” (edito da Sur), vincitore del National Book Award 2019. Un romanzo che può spiazzare ma di certo non lascia indifferenti. Una volta si sarebbe detto “un romanzo importante”

La trama, in breve: Sarah e David sono due adolescenti che frequentano la CAPA, una scuola d’arte in cui si preparano i ragazzi alla carriera teatrale e musicale. Si innamorano, poi si disamorano, sotto lo sguardo dei loro compagni e, soprattutto, del carismatico professor Kingsley. A pagina 159 questa storia si interrompe. Nella seconda parte Karen, compagna di Sarah e David racconta la stessa storia da un punto di vista completamente diverso. Nella terza ed ultima parte la giovane Claire ci offre un’ulteriore versione dei fatti. Tutte e tre le parti hanno lo stesso titolo: “Esercizi di fiducia”. Quale delle tre storie è vera?

Stando al gioco dell’autrice non vi daremo tre buoni motivi per leggere il suo libro, ma un solo buon motivo per ognuna delle tre parti.

1Il primo esercizio di fiducia ha come protagonista, in realtà, questa scuola che è un po’ la versione realistica di “Saranno famosi”. L’autrice esplora al microscopio il meccanismo della celebrità, che negli anni ’80 in cui è ambientata la storia comincia ad ingoiare la società, preparando il terreno allo scenario che ben conosciamo: i talent, i reality. Al centro di questo meccanismo ci sono la manipolazione psicologica a cui sono sottoposti gli studenti da figure come il professo Kingsley per cui recitare è “reagire con emozioni autentiche a circostanze fittizie”. Ma dove è il confine tra autentico e non, su un palcoscenico, quando tutta la vita è un palcoscenico?

2Il secondo esercizio di fiducia chiama in causa l’autrice. Karen ci fa sapere che la storia che abbiamo letto sin qui è falsa. Ma chi ci ha tradito? Sarah, che la raccontava, o Susan Choi? Chi parla e chi dice la verità in un romanzo? L’autrice ci depista, ci svela e allo stesso tempo ci confonde. Ci porta su un palcoscenico in un gioco metaletterario che avvolge e smarrisce. Lo stile e la lingua sono realistici, ma la struttura è labirintica. Capiamo che “Esercizi di fiducia” non è un libro semplice e che se lo ameremo dovremo, prima o poi, rileggerlo.

3Il terzo esercizio di fiducia parla del potere e dei suoi abusi. È per queste ultime trenta pagine fiammanti che il romanzo è stato annoverato nel filone della letteratura #meetoo. Una forzatura non del tutto ingiustificata ma che non inquadra l’obiettivo dell’autrice, che ci regala non un finale aperto ma, di fatto, un’opera incompiuta, nel solco di Gadda e Kafka o del Ian Mc Ewan di “Espiazione”. Se il compito di chi scrive è sfidare il lettore sul piano dei suoi dubbi, Susan Choi lo ha portato ad estreme e suggestive conseguenze.

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