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È che siamo in un momento in cui va di moda, per fare i fighi, arricchire il menu dei ristoranti indicando la provenienza dei singoli ingredienti, possibilmente mettendo nomi di località amene e dimenticate da Dio che non esistono nemmeno su Google Maps, e che tanto nessuno andrà a vedere. Ciò ha due conseguenze immediate:
1 Per leggere il nome completo di un piatto, sul menu, occorrono almeno 5 minuti. Questo impedisce naturalmente di trovare il tempo per controllare se le località indicate effettivamente esistono e se sono davvero sinonimo di qualità.
2 Il ristoratore, dopo averti illustrato che tra i suoi ingredienti ci sono i pomodorini di San Teomondo Scrofalo e le acciughette pescate nel mare di Lido Santo Sconosciuto, si sente obbligato a farti pagare una pizza minimo minimo 20 euro. Per non parlare di coperto, bevande, dolci e caffè. Così che alla fine il cliente non riceve il conto, riceve direttamente una mazzata in piena fronte. Ma per non sentirsi preso in giro, e soprattutto per non fare la figura del boccalone davanti alla tipa che aveva portato apposta al ristorante gourmet per fare colpo, sfodererà con nonchalance la carta di credito e dirà: “Eh ma sai, d’altronde la rucola è quella originale di San Scarpino”.
E io come al solito mi rendo conto che ho sbagliato tutto nella vita. Ma posso rimediare trasferendomi in uno di quei posti giusti e aprendo anche io il mio ristorantino gourmet. Nel menu, dunque:
Hors d’œuvre con crudité di frutti di mare provenienti dal mare di Cogoleto contaminati dall’acqua dolce del torrente Lerone (in pratica, i mitili che venivano utilizzati per misurare lo stadio dell’inquinamento dell’acqua davanti alla Stoppani). Io minimo minimo lo metterei a 25-30 euro, tanto per cominciare.
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Assiette végétarienne con misto di crudi di verdure cresciute in libertà alla Ramognina (la discarica di Varazze) condite con un filo d’olio extravergine di oliva SIN (bieco stratagemma per spacciarlo come qualcosa di DOP o DOC, SIN in realtà è la sigla con cui è stata contraddistinta l’area della Stoppani, Sito di Interesse Nazionale, in pratica un posto non propriamente salubre). Vabbè qui è verdura cruda, caliamo, diciamo 17 euro. 17,50 dai, che in fondo son genovese.
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Meat Pie realizzata con gli scarti (che adesso vanno molto di moda, fanno molto “mangio come i povery e imparo da loro come riciclare”) del macellaio di Acerra (Terra dei Fuochi). In realtà trattasi degli scarti riciclati dell’ultimo pranzo di Natale ma trasformati in Meat Pie (prego notare il termine cool) guadagnano almeno 30 euro.
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Tiramisù scomposto con briciole di pane art22igianale marinato all’aria del Parco di Arenzano (cioè il pane che le anziane tirano alle oche).
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Ora, avete per caso qualche altro consiglio per avviare la mia attività prima che mi trasformi definitivamente in Mrs Lovett di Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street, che farciva i suoi tortini di carne direttamente con… i clienti?
Valentina