Tre buoni motivi per leggere “Agnus Dei” di Matteo Frulio

Tempo di lettura: 2 minuti

Devo ammetterlo: quando una persona che conosco scrive un libro, mi viene sempre voglia di leggerlo. Perché penso sia una buona opportunità per comprenderla meglio e scoprire nuovi lati della sua personalità che magari prima ignoravo, e che niente al pari della scrittura può svelare.

Sarò felice di presentare questo libro insieme all’autore venerdì 14 dicembre alle ore 18 presso l’oratorio di Sant’Erasmo di Genova Voltri (piazza Saredo).

E dunque ho letto con entusiasmo “Agnus Dei” (De Ferrari Editore, 2018) di Matteo Frulio, che mi sopporta pazientemente in quanto – io giornalista e lui assessore – gli rompo lo scatole spesso e volentieri. Ma avendo avuto anche lui una lunga esperienza come giornalista, se non altro probabilmente non alza gli occhi al cielo ogni volta quando vede il mio nome sul display del telefonino, perché sa che tutto sommato siamo “poveri diavoli” che cercano di fare il loro mestiere al meglio. Anche quando si tratta di alzare la cornetta di sera o nei weekend.

Ma, tornando a noi, ecco perché leggere “Agnus Dei”, quattro racconti di “straordinaria adolescenza”:

1 Perché i protagonisti – ragazzi di età diverse – sono genuini, e per certi versi, come è spiegato nella postfazione, ricordano un po’ i personaggi di Dickens. E sono stati (de)scritti bene: cambia il registro linguistico a seconda della loro età, così come i sogni e le aspirazioni. Insomma, l’autore – che è anche capo scout ed educatore – ha scelto di lavorare in un contesto a lui familiare, e dunque l’operazione non poteva che riuscire. Ma non è tutto: per scrivere questo libro, ha anche fatto veri e propri “mini sondaggi” tra i ragazzi. Dunque c’è anche un lavoro di ricerca che svela il mondo semplice e allo stesso tempo complicato degli adolescenti, ricco di sogni e paure.

2 Perché non sono solo storie di ragazzi: in ogni racconto c’è qualcosa di surreale che lo rende un po’ fiaba e un po’ racconto dell’orrore, un po’ “Canto di Natale” dickensiano e e un po’ mistero inquietante (in alcuni punti davvero inquietante). Ma non sono meri esercizi di stile: ogni racconto ha un significato, si confronta (e ci confronta) con alcune delle tematiche più sentite dagli adolescenti.

3 Perché i quattro racconti, anche se ambientati in epoche differenti, e con protagonisti diversi, mantengono comunque alcuni elementi ricorrenti che fanno sì che queste vicende possano in realtà intersecarsi, anche se, direttamente, non si toccano: l’amore per la musica (sacra e “profana”), le ambientazioni a tratti quasi fiabesche (il paesino, il bosco, l’orfanotrofio) e molto altro.

L’immagine dell’articolo è la foto della copertina del libro, di Roberto Polleri

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