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Come sempre, quando guardo un film che mi piace e scopro che è tratto da un libro, non resisto alla tentazione di leggerlo. In genere è una tecnica che mi piace molto di più rispetto a guardare un film tratto dal libro (e in genere è deludente perché la versione cinematografica per forza di cose è tagliata e ridotta). Quando prima guardo il film, invece, non potrò che essere arricchita dalla lettura del libro.
Così è andata con “Le dodici domande” di Vikas Swarup (2005, io avevo comprato anni fa la versione edita da Tea, adesso credo sia stampato da Guanda), da cui è stato tratto un bel film nel 2008, “The Millionaire”, vincitore di 8 premi Oscar, 7 British Academy Film Awards e 4 Golden Globe.
La trama in breve
Ram Mohammad Thomas se l’è proprio andata a cercare, gli anziani della baraccopoli di Mumbai glielo dicono sempre: mai tentare di oltrepassare il confine che separa il mondo dei ricchi da quello dei poveri. Specialmente se a farlo è un ragazzo di appena 18 anni, un paria incolto che al massimo può aspirare a lavorare come domestico, e che è riuscito a vincere un miliardo di rupie rispondendo correttamente a tutte le domande di un quiz televisivo (l’equivalente del nostro “Chi vuol essere milionario”). A pensarla così sono anche i produttori del programma che lo hanno fatto arrestare sospettando che abbia barato in qualche modo. Eppure Ram è innocente: ma allora com’è riuscito, lui, un ragazzo che non è andato a scuola e non legge i giornali, a rispondere correttamente a tutte quelle difficili domande? Questo dovrà spiegarlo alla polizia e a una sconosciuta che vuol essere il suo avvocato difensore.
Tre buoni motivi per leggerlo
1 Perché la storia di Ram ne racconta altre mille: la sua vita rocambolesca da vagabondo lo ha portato, per pura coincidenza, a conoscere le risposte delle domande del quiz attraverso tutte le sue esperienze. Ogni capitolo è strutturato in modo da svelare tutto gradualmente, con il titolo che riporta la domanda del quiz e il montepremi, come un puzzle fatto di episodi dell’appassionante vita del ragazzo che via via si compone, svelando alla fine il suo disegno.
2 Perché, tramite le variegatissime esperienze di Ram, l’autore traccia uno spaccato dell’India di oggi, della sua società tra modernità, tradizioni e contraddizioni, in cui convivono lo sfavillante mondo di Bollywood e le misere baraccopoli: una storia dolceamara, comica e drammatica. Non sbaglia chi lo ha definito una sorta di “Oliver Twist” indiano.
3Perché è scritto molto bene ed è estremamente leggibile, adatto a tutti. Sono meno di 300 pagine unite da un ritmo incalzante, raccontate dal protagonista 18enne con voce scanzonata e fresca, a volte al limite dell’incosciente: insomma, si inizia a leggerlo e viene voglia di continuare senza fermarsi fino alla fine.