Tre buoni motivi per leggere “Kiku-san, la moglie giapponese” di Pierre Loti

Tempo di lettura: 1 minuto

3.5 out of 5 stars (3,5 / 5)

Madama Butterfly e Pinkerton sono realmente esistiti: ecco chi erano


Nel mio vasto universo musicale c’è spazio per il rock, il punk, il pop, la musica classica e la lirica (che adoro). E così, quando sulla quarta di copertina di “Kiku-san” di Pierre Loti – pubblicato a fine ‘800 e letto nella versione edita da ObarraO nel 2019 – ho letto che «fu di ispirazione a Illica e Giacosa per il primo atto della “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini» ovviamente l’ho comprato e letto d’un fiato.

Ecco tre considerazioni su questo libro:

1 Si potrebbe dire che è davvero la storia della Madama Butterfly e di Pinkerton, almeno all’inizio. Si tratta infatti delle memorie di Pierre Loti, ufficiale di marina francese, che parla del suo bizzarro matrimonio con una ragazza giapponese durante il suo breve soggiorno in Sol Levante. Nel Paese infatti all’epoca era d’uso che uno straniero – per il suo periodo di permanenza – potesse contrarre un matrimonio con una giovane del posto. Fa da sottofondo allo scritto – proprio come se a parlare fosse il Pinkerton dell’opera – uno spiazzante disprezzo (o, nel migliore dei casi, indifferenza) nei confronti del Giappone, delle sue usanze per lui incomprensibili, delle mogli “comprate” per pochi soldi (e che almeno siano carine!). Le tradizioni millenarie per lui, che sa di rimanere in Giappone per poco tempo, non sono altro che buffe usanze con cui baloccarsi. Anche gli abitanti sono descritti come grotteschi, incomprensibili, alla fine quasi “teneri” come bambini innocenti che ignorano il mondo degli adulti. Il punto di vista è esattamente questo: lo sguardo “coloniale” di chi si crede nettamente superiore.

2 È breve e si legge facilmente, in poco tempo: sono appena 177 pagine scritte in un italiano assolutamente fluente e semplice.

3 Al di là delle critiche, è una testimonianza importante che parla – direttamente dal passato – degli usi, dei costumi, delle tradizioni del Giappone antico, che a Nagasaki (dove si svolge la vicenda) aveva uno dei maggiori punti di contatto con l’Occidente. Insomma, da leggere? Sì.

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