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Viviamo in un mondo dove i gusti e i consumi sono dominati dai grandi marchi e la produzione di ciò che indossiamo avviene molto lontano dai nostri centri commerciali e igli outlet. É un mondo che ci è familiare, perché il lusso condiziona anche i desideri di chi ha disponibilità economiche più limitate, alimentando il grande mercato delle copie e dei falsi. In questo scenario globalizzato è ambientato l’ultimo romanzo dell’affermata scrittrice asioamericana nata a Singapore Kirstin Chen, “Superfake” (Neri Pozza, 2023, nella brillante traduzione di Roberta Scarabelli). Una storia fashion e inquietante che svela molti segreti che si celano nei nostri armadi.
La trama, in breve
Il libro inizia con una donna che sta confessando a un detective la sua discesa nel crimine. Ava, sino americana, conduceva una vita agiata in California e le sue uniche preoccupazioni erano il suo bambino particolarmente agitato, un marito in carriera e assente e l’aver rinunciato al suo lavoro di avvocato per la famiglia. Sembrava destinata alla noia o alla depressione quando viene contattata da Winnie Fang, una sua compagna di università che fu espulsa per esami truccati. Una ragazza impacciata e destinata al fallimento, diventata bellissima, ricchissima ed elegantissima. Ce l’ha fatta: gestendo, per conto di Boss Mak, un traffico di borse di lusso contraffatte in Cina. Con diversi trucchi Winnie convince Ava a diventare sua complice trascinandola in un mondo tanto redditizio quanto pericoloso. Ma chi è, davvero, Winnie Fang?
“Superfake” è un libro con grande ritmo e divertente, allo stesso tempo glamour e spiazzante, disseminato di inganni e di sorprese e che merita di essere letto per almeno tre buoni motivi.
1. Il diavolo smercia Prada
Prendete il famoso film “Il diavolo veste Prada“, mescolatelo con le serie “Inventing Anna” e “Big Little Lies“, aggiungete un pizzico di “Ocean 12” e avrete qualcosa che si avvicina a “Superfake”.
Ambientata in California, in Cina e Hong Kong, questa è la storia di una grande truffa basata sul mercato ipertrofico della moda di lusso e su un’industria che per risparmiare sul costo del lavoro produce le sue borse nelle stesse fabbriche in Cina. In un mondo dove la merce e le apparenze sono una religione con i suoi santuari – gli outlet, i grandi magazzini e le foto sui social – Winnie e Ava sono false/fake sacerdotesse in cui molti non solo vogliono, ma hanno bisogno di credere.
2. L’insostenibile ansia del successo
Le due protagoniste sembrerebbero unite solo dalla loro comune origine asiatica. Ma quando l’affermata ma depressa Ava incontra la spregiudicata ma libera Winnie, trovano un punto di incontro nella loro fama di successo, nel loro desiderio irrefrenabile non solo di integrarsi nel sogno americano ma di dominare quel sogno. Per questo sono disposte a tutto: non solo a smerciare borse false, ma a falsificare sé stesse.
Raccontando la loro storia Kirstin Chen riesce a rappresentare sia la pressione a cui la società dei consumi sottopone gli outsider, sia il vero volto di questa società: una falsità strutturale, dove si è tutti outsider e l’originale e la copia si distinguono solo per l’etichetta del prezzo.
3. Il mondo sugli scaffali
Se l’America dove i genitori si combattono per assicurare ai figli il miglio asilo privato è un paesaggio culturale di cui abbiamo visto e letto molto, della Cina fabbrica del mondo abbiamo solo idee vaghe. “Superfake” apre uno spiraglio su questo mistero grazie ai viaggi di Ava e Winnie, scoprendo che quando l’avidità distrugge ogni tradizione e ogni legame sociale, tutte le città e tutte le società finiscono per essere scaffali in cui troviamo ovunque gli stessi prodotti: un mondo di copie dove esiste solo l’eterna ripetizione del superfake e l’unica strada per il successo è fingere meglio degli altri.