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‘L’astemio’ di Ian McGuire, pubblicato da Einaudi, si inserisce in un genere che potremmo definire “giallo storico”, romanzi in cui la riscostruzione di un periodo storico è altrettanto importante, se non più importante, della trama poliziesca. Pensiamo alla New York degli anni quaranta e cinquanta dell’Ottocento di Lindsay Faye (‘Il dio di Gotham’ e ‘Il segreto di Gotham’) ma anche alla serie del Commissario De Luca di Carlo Lucarelli. In questo solco McGuire si caratterizza per la forza realistica della sua scrittura, che lo rende un autore davvero particolare.
La trama, in breve: Manchester, 1867. L’agente capo James O’Connor si sta giocando la sua ultima possibiità, dopo aver compromesso la sua carriera a Dublino per l’abuso di alcool. Ora è astemio e il suo compito è contrastare i feniani, sostenitori dell’indipendenza irlandese. Dopo che tre di questi sono stati impiccati arrivano in città, dall’America, il reduce della guerra di successione Stephen Doyle e il giovane nipote di O’Connor, Michael Sullivan. Il primo è arrivato per seminare il terrore, il secondo finirà per diventare un informatore della polizia. La sfida tra O’Connor e Sullivan si svolge nell’odio e nella diffidenza per etrambi da parte della polizia inglese, in una città avvolta nella nebbia e nel fumo delle ciminiere, dove la vendetta conta molto di più della giustizia.
Ecco tre buoni motivi per leggere ‘L’Astemio’, un libro ad altissima gradazione:
1Il problema di molti ‘gialli storici’ è la debolezza della trama poliziesca, così che spesso ci si chiede se non fosse meglio scrivere direttamente un romanzo storico. McGuire non corre questo rischio: il ritmo serrato del romanzo è all’altezza dei classici della scuola dei duri e la metropoli la fa ovviamente da padrona. La Manchester industriale de ‘L’astemio’ è degna della migliore letteratura sociale. Mentre leggerete vi sentirete sporchi di carbone e del degrado degli slum in cui viveva la classe operaia dell’epoca. Questo è un poliziesco perchè la società che descrive è violenta e ha bisogno di una polizia che provi almeno a controllarla. Ma ‘ladro è chi rapina la banca, o chi ‘ha costruita?’: i confini sono labili, soprattutto a Manchester, nel 1867.
2Come per Lindsay Faye l’ambientazione ottocentesca permette di portare alla luce gli albori di un grande fatto sociale: lo scontro tra cattolici irlandesi e protestanti inglesi per l’indipendenza dei primi della corona. Ma McGuire va oltre, portandoci anche nell’America della Guerra Civile e dell’immigrazione europea, realizzando un affresco storico che, nella brevità del libro, risulta di grande efficacia. Siamo abituati a ricordare il XIX Secolo come un secolo di splendente eroismo. Era un secolo duro, spietato e McGuire ce lo restituisce con la precisione di uno storico e il senso del racconto di un grande romanziere.
3I migliori hard boiled sono quelli che riescono a non avere indulgenza per i propri personaggi. Se cercate il giallo classico ad enigma, questo libro non fa per voi. Ma se amate Chandler, Hammet o il primo Ellroy non potete prescindere da McGuire. Il pregio di questo autore è quello che ogni volta che voi vi aspettereste un raggio di luce, lui inscurisce le tenebre. O’Connor e Sullivan sono due antieroi maledetti e due antagonisti di grande effetto e il finale del libro ricorda le atmosfere di Cormac McCarthy di ‘Non è un paese per vecchi’ e quelle di ‘Django unchained’ di Quentin Tarantino. Rasentando la perfezione: tra le migliori ultime 40 pagine che io abbia mai letto.