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Mai come quest’anno le Olimpiadi hanno provato ad aprirsi a nuovi sport. Lo hanno fatto per sopravvivere al cambiamento dei gusti del pubblico, che forse non si ritrova più in discipline di antica tradizione e nobiltà come l’equitazione, la scherma o il tiro al piattello. E il nuovo è stato cercato laddove lo sport popolare è spesso nato: negli spazi aperti, nelle strade, sulle spiagge spazzate dal vento.
Così a Tokyo assegnano medaglie il surf, lo skateboard e il basket 3X3. Sport che De Coubertin non avrebbe amato. Non sopportava nemmeno il calcio e il ciclismo, ma dovette fare buon viso a… cattivo gioco. Perché surf, skate e basket di strada sono giochi circondati da un’aura di trasgressione e di marginalità. Un’aura che gli appassionati coltivano come un segno distintivo, gli altri – che spesso sono gli adulti – brandiscono come una stimmate e il mercato come un’opportunità. Giochi spesso praticati contro il parere dell’autorità costituita o dei privati cittadini, ma che fanno vendere magliette, poster, gadget.
Per questo motivo i primi ad essere contrari all’ingresso di questi sport nel mondo di Olimpia sono stati i praticanti duri e puri, che dei cinque cerchi se ne fregano e pensano che lo spirito olimpico e l’agonismo niente o poco abbiano a che fare con la loro filosofia di vita.
Una filosofia che è ben raccontata dai tre libri che vi proponiamo.
SURF
“Giorni selvaggi”, di William Finnegan, 66THAND2ND. Un memoir che si è aggiudicato il Premio Pulitzer nel 2016, scritto da un corrispondente internazionale del ‘New Yorker’ che racconta la sua vita partendo dalla giovinezza alle Hawaii dove scopre e apprende la passione di tutta la sua vita: il surf. La ricerca dell’onda perfetta lo porterà in tutti i continenti e in tutti gli Oceani rischiando la vita e sacrificando molte cose ma scoprendone altrettante. Su sè stesso, sulle persone, sulla natura. Dalla California all’Australia, dal sud est asiatico a Madeira, per poi tornare a New York e aspettare comunque sempre il momento giusto per andare a cavalcare il mare. E’ un libro profondo e di annichilente bellezza che racconta il mondo del surf in tutte le sue sfaccettature e l’avventura umana di un grande cronista che ha fatto delle spiagge le sue strade, con le good vibrations dei Beach Boys.
SKATEBOARD
“Paranoid Park”, di Blake Nelson, Rizzoli. Un adolescente e il suo skateboard sempre sotto il braccio. Il turbolento silenzio del mondo dell’adolescenza che ha come colonna sonora interiore il grunge che insieme alla tavola con le quattro ruote sono i segni branditi per ribellarsi al mondo e proclamare la propria diversità. Le notti allo skatepark clandestino e un parco ferroviario che sembra uscito dalla grande depressione dove si consuma la grande tragedia e il grande segreto di Alex. Un romanzo breve che afferra il cuore e svela ciò che si cela nei giovani che guardano gli adulti come alieni senza risposte da dare. Svela, ma non sino in fondo perchè è il lettore che dovrà rispondere all’appello di Alex e delle sue lettere dal Paranoid Park.
BASKET 3X3
“Gli dei dell’asfalto – La storia del Rucker Park”, di Vincent M. Mallozzi, Add Edizioni. L’asfalto del Rucker Park è quello della Harlem dove si sfidano i più grandi talenti del basket di New York e di tutta la costa Est degli USA. L’asfalto dove “I sogni si realizzano e dove nascono le leggende”. L’asfalto dove i grandi professionisti dell’NBA dome “Doctor J” devono vedersela con gli eroi della strada come Joe Hammond, in scontri che ogni protagonista e ogni spettatote racconterà a modo suo, come si fa coi miti. Il Rucker Park lo inventò Holcombe Rucker, un impiegato del Comune di New York, per dare una possibilità ai ragazzi del suo quartiere: afroamericani, soprattutto, ma anche irlandesi, ebrei e italoamericani come l’autore. Non tutti la coglieranno, perché la strada offre molti richiami sbagliati: il gioco d’azzardo, la droga, le gang. Rucker muore giovane ma altri porteranno avanti il suo progetto sino a quando se ne impossesseranno i re del rap e dell’hip hop. Mollozzi racconta tante storie straordinarie e i cambiamenti di un campetto che diventa evento e show business ma mantenendo alcuni principi: nessuno paga un biglietto per vedere gli dei e le dee dell’asfalto, e deve mettersi in coda per vedere il prossimo sogno che diventa leggenda. Il basket del playground si gioca 5 contro 5 ma è da lì che viene il 3X3 olimpico.