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A volte non c’è niente di più concreto di una finzione a cui tutti decidono di credere
Un romanzo di Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura nel 2010, non è mai un libro qualsiasi. Con ‘Tempi duri’ (Einaudi, 2020) lo scrittore peruviano torna su molte delle tematiche a lui più care – le tormentate vicende politiche dell’America Latina, le dinamiche del potere – con la vena letteraria delle sue opere migliori. Un libro che forse ha rappresentato una sorpresa anche per suoi più fedeli e assidui lettori. Una di quelle sorprese che vorresti sempre trovare in un libro.
La trama, in breve: è il 1954, e in Guatemala le cose potrebbero non andare più così bene per la United Fruited Company e le sue banane. Il Presidente Arbenz ha infatti legalizzato i sindacati e approvato una riforma agraria favorevole ai piccoli proprietari terrieri. Per questo il proprietario della Compagnia Zemmuray e si rivolge all’astro nascente del marketing e delle pubbliche relazioni Bernays che ha un’idea semplice e geniale. Trasformare il liberale e democratico Arbenz in un pericoloso emissario dell’Unione Sovietica. Tutto falso, ma funziona. Soprattutto perché ci si mettono di impegno la CIA, altri dittatori e soprattutto tanti travet della cospirazione, della violenza, del golpe. Un romanzo storico in cui è sempre difficile, se non impossibile, tracciare una linea tra realtà e immaginazione. Ma a volte non c’è niente di più concreto di una finzione a cui tutti decidono di credere.
Ci sono molti motivi per cui questo romanzo ci è piaciuto, condividiamo i tre principali.
1Molti hanno definito ‘Tempi duri’ un romanzo che muove da una fake news, quando ancora non si chiamavano così. Ma Vargas Llosa ha invece messo in scena la forza della comunicazione in un contesto di asimmetria di pietre. Come potevano volonterosi riformatori di un piccolissimo paese contrastare una grande multinazionale e il governo Usa nell’epoca della Guerra Fredda e dell’ascesa di Castro? Non potevano. La fake news è solo il battito della farfalla che provoca una tempesta, e il romanzo mette in scena la tempesta e coloro che ne sono travolti, per anni, decenni, sino ad oggi e senza che si veda la fine. Vargas Llosa mette in scena la tragedia dell’avidità di ogni impero.
2I personaggi di questo libro sono, semplicemente, indimenticabili. Su tutti Marta Borrero Lamas detta ‘Miss Guatemala’, carismatica femme fatale amante di dittatori e doppiogiochisti, e l’agente segreto domenicano Johnny Abbes Garcia, che l’autore prende dalla realtà trasformandolo in un personaggio dalle mille sfumature. Abietto e ingegnoso, visionario e ossessivo, architetto di intrighi che possono rivolgerglisi contro da un momento all’altro. Abbes Garcia è un personaggio Shakespeariano che entra di diritto tra i miracoli di Vargas Llosa, che riesce a rendere tragici questi granelli di polvere della Storia con la s maiuscola.
3Se ne “Il sogno del Celta” Vargas Llosa aveva indagato il cuore di tenebra del colonialismo, qui, oltre alla critica degli Usa della Guerra Fredda e dell’imperialismo economico, la tenebra è quella dei caudillos dell’America Latina, di questi eredi dei conquistadores ebbri di potere, che torturano un intero popolo solo per una parata. Con uno stile sempre al limite del grottesco in cui i potenti sono tanto ridicoli quanto provvisori, “Tempi duri” è un romanzo che si legge tutto di un fiato e su cui non smetterai mai di pensare.