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Finalista al ‘National Book Awards‘ 2023 e presente in quasi tutte le classifiche dei migliori libri dell’anno negli USA, “Catene di Gloria” di Nana Kwame Adjei-Brenyah (Sur, 2023, nella efficacissima traduzione di Dario Diofebi e Martina Testa) è un romanzo di straordinaria potenza, che usa tutti gli strumenti della narrativa di genere, mescolandoli con tecniche da reportage, per costruire uno dei grandi romanzi sociali di questo inizio di XXI secolo. Una storia cruda, cupa, lancinante, ma attraversata da un potenziale di speranza riposto tutto in un unico soggetto: noi.
La trama, in breve
“Catene di Gloria”, giunto alla 32esima stagione, è il format televisivo più seguito in un’America del futuro prossimo, dove detenuti e detenute, invece di scontare la pena, possono scegliere di sfidarsi a morte in un grande torneo di gladiatori. L’unico modo di salire di rango è uccidere, sino a guadagnarsi la libertà. Ogni catena privata di penitenziari ha la sua squadra, seguita nel viaggio tra un’arena e l’altra da sofisticati droni-telecamera. Perché “Catene di Gloria” non è solo uno sport estremo ma anche un reality che tiene incollati agli schermi milioni di persone, chiamate a parteggiare per assassini costretti ad uccidere ancora per redimersi. Tra queste Loretta Thurwar, che è a un passo dal riuscire a liberarsi, anche grazie all’amore dell’altra forzata Hurricane Staxxx. Ma mentre le due donne provano a imporre regole di umanità alla loro Catena e gli oppositori del sistema raccolgono sempre più consenso, i Signori dei Giochi stanno per cambiare le regole, costringendo tutti a fare scelte difficili e definitive.
Il libro di Adjei-Brenyah non è di certo il primo che rappresenta una distopia della violenza sportiva a scopo di intrattenimento delle masse e di sopravvivenza dei giocatori, pensiamo a “Hunger Games“, a “Rollerball” o al meno conosciuto (ma più pertinente) “Boston 2010: XXI Supercoppa” di Gary K. Wolf. Ma “Catene di Gloria” è diverso e importante per tre buoni motivi.
1. Un futuro troppo possibile
Il sistema penale descritto da Adjei-Brenyah è collocato in un futuro prossimo e basato su tecnologie pervasive e su un congegno chiamato Influencer capace di provocare un dolore inimmaginabile e la cui minaccia è quella che porta molti forzati ad aderire a ‘Catene di Gloria’, firmando praticamente la loro condanna a morte. Ma la dimensione distopico-fantascientifica è sfumata da un apparato di note al testo che mostrano come molte delle invenzioni dell’autore derivino dall’attuale regime penitenziario degli Stati Uniti. La narrativa si mescola, in modo semplice ed efficace, all’inchiesta, riuscendo a trasmettere il messaggio di denuncia del razzismo e degli interessi economici che caratterizzano l’America di oggi attraverso uno shock testuale che ha anche il pregio di avvincere il lettore.
2. Due eroine che lasciano il segno
Come si riconosce la grande narrativa popolare? Quando chi legge è portato a trepidare per i protagonisti senza idealizzarli, ma empatizzando con le loro contraddizioni. É quello che succede con Thurnwar e Hurricane, le due protagoniste, e con molti dei personaggi che intorno a loro si muovono. I loro dilemmi morali sono i nostri e nello stesso tempo vogliamo intensamente che sopravvivano al libro, pur sentendo è quasi impossibile. Ma il vero successo di Adjei-Brenyah è quello di farci capire e odiare il sistema che lui rappresenta e gli uomini in carne e ossa che speculano sul dolore e la paura. Uomini d’affari e uomini di spettacolo, che piegano scienza e politica ai loro voleri. Così il capitolo dedicato all’inventrice involontaria dell’Influencer e al suo destino è uno dei più belli del romanzo, al pari dell’appassionante e sorprendente capitolo finale nell’Arena di ‘Catene di Gloria’.
3. Lo spettacolo deve continuare?
Il voyeurismo del pubblico è al centro del successo del reality sportivo ‘Catene di Gloria’, e anche questo è un tema caro alla fantascienza sociale, ma ancora una volta Adjei-Brenyah apporta delle variazioni che rendono il suo libro sia originale sia stimolante. Perché internet sembra che non esista più. E perché proprio al pubblico e ai giornalisti appartengono coloro che si ribellano al sistema aprendo alla possibilità di un cambiamento. Per questo “Catene di Gloria” è una distopia reversibile, in cui anche in un mondo di gladiatori mandati al macello in diretta, qualcuno può rivendicare che la vita è preziosa e… vincere.