Tempo di lettura: 2 minuti
Ha senso leggere i testi teatrali? In molti casi è un esercizio da studiosi e ricercatori, dal momento che sono scritti per essere recitati, per essere ascoltati e visti su un palcoscenico. Ma ci sono testi che sfuggono a questo limite, in particolare i monologhi, che sono veri e propri racconti trascritti, bellissimi da leggere. Tra questi, sicuramente, gli scritti di Stefano Massini, uno dei massimi esponenti del nostro teatro, conosciuto e premiato in tutto il mondo.
Il suo ultimo lavoro, “Manhattan Project” (Einaudi, 2023) è, semplicemente, straordinario. Che lo si legga immaginando la voce di Massini o un’altra, è come un canto dell’Odissea: appena lo finisci lo vuoi leggere di nuovo e ne vorresti ancora. E andare a vedere “Oppenheimer” di Cristopehr Nolan, con il rischio di rimanere un po’ delusi.
La trama, in breve
La storia è vera, ed è abbastanza nota. Un gruppo di fisici ebrei ungheresi rifugiatisi in America vengono ingaggiati dal governo americano per realizzare un’arma nucleare in anticipo ai nazisti. Quattro studiosi molto diversi, che lavorano in un anonimo locale di Manhattan, sono il nucleo di un gruppo di ricerca e sviluppo che coinvolgerà centinaia di persone grazie agli investimenti raccolti di Alexander Sachs, ebreo lituano imperatore di Wall Street. A dirigere l’imponente operazione sarà chiamato Robert Oppenheimer.
Il testo racconta la lotta contro il tempo di questi scienziati che, una volta domato l’atomo, si trovano di fronte all’abissale dilemma morale posto dalla disponibilità dell’arma più distruttiva mai immaginata dall’uomo.
Diviso in quattro parti i cui titoli richiamano la Bibbia, “Manhattan Project” è un’epopea che merita di essere letta per almeno tre buoni motivi.
1. ‘900: il secolo dei dilemmi della scienza
“Manatthan Project” non è il primo testo teatrale che mette in scena le questioni morali della scienza. Pensiamo a “I Fisici” di Friedrich Dürrenmatt, a “Copenaghen” di di Michael Frayn o alla stesso “Galileo” di Brecht. Il fatto è che nessun secolo come il Novecento è stato segnato dal potere della scienza. Un potere che può essere indirizzato verso il progresso o verso la distruzione.
Massini rispetto ai suoi predecessori fa un passo in più, mettendo in gioco oltre al rapporto tra scienziati militare e politica il ruolo del capitale, rappresentato da Alexander Sachs, personaggio dalle molte sfumature e vero motore mobile degli eventi che apre nuovi punti di vista sulla vicenda dell’atomica.
2. Un poema omerico del nostro tempo
Ognuno dei personaggi seguiti da Massini è affrontato come un eroe omerico. Ma sono eroi borghesi che, tranne uno (Ed Teller, il mastino) non vorrebbero esserlo. Uno ha sempre la valigia fatta perché vorrebbe tornare in Europa, uno ha il dono della pace interiore un altro quello di saper semplificare. Poi c’è Oppenheimer, che vorrebbe riscrivere la Bibbia con la ragione.
Massini non si limita ad evocarli, li fa vivere nel nostro ascolto, li fa dialogare con il presente. I loro rovelli sono i nostri rovelli.
Sono tutti come Prometeo: capaci di donare il fuoco agli uomini ma consapevoli che gli uomini potrebbero farne un uso terribile. E la loro storia è una di quell che sarebbe bello ascoltare, tutte le sere, intorno a un fuoco. Il fuoco buono della narrazione.
3. Il potere della storia
Siamo nel 2023, ma il Novecento ci è rimasto appiccicato come una resina che non va via. Il Manatthan Project aveva l’obiettivo di anticipare Hitler, che era il male assoluto. Ma l’atomica venne usata quando la guerra era ormai vinta, per mettere un’ipoteca di potenza sul futuro. In quella paura si è vissuti per decenni e anche oggi ritorna, drammaticamente, di attualità.
Se l’essenza della tragedia è il conflitto irriducibile e spaventoso, la bomba è il vero cuore tragico di un tempo, il nostro, che potrebbe scindersi in una reazione a catena in ogni momento. Il testo di Massini non esorcizza nulla, non può, ma ci dice una cosa essenziale: che alla fine dipende dalle scelte che sappiamo fare, come hanno dovuto fare i suoi tragici protagonisti.