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“Le bambine non esistono”: parola di Ukmina Manoori, donna afghana che ha deciso di raccontare la sua storia molto particolare in un libro curato da Stéphanie Lebrun, edito da Libreria Pienogiorno nel 2022. Quando ho letto la trama del libro, per caso, sul web, mi sono incuriosita e ho deciso di acquistarlo. Mi direte, leggendo la recensione, se la storia di Ukmina ha messo curiosità anche a voi.
La trama, in breve
Ukmina, nata e cresciuta in Afghanistan, sui monti al confine con il Pakistan, ha un’altra identità: si veste come un maschio, ha un nome maschile e come un uomo, soprattutto, vive libera. Questo perché dopo dieci figli morti in tenera età, suo padre, vedendola crescere sana, ha sentenziato che Ukmina sarebbe diventata il suo “figlio maschio”, quello che non aveva mai cresciuto, quello che avrebbe permesso alla famiglia di riscattarsi dalla vergogna di aver avuto solo una femmina. La bimba cresce come un maschio a tutti gli effetti anche per poter aiutare il padre nel lavoro dei campi, diventa mujaheddin combattendo contro i russi, e nel libro racconta la sua incredibile vita.
Tre buoni motivi per leggerlo
Ecco tre buoni motivi per leggere questo libro:
1 Forse pensiamo di sapere già molto sull’Afghanistan e sui diritti negati alle donne, ma questo libro accende i riflettori su una realtà che pochi conoscono: quella delle “bacha posh“, un’usanza socialmente accettata. Si tratta di bambine che vengono cresciute come maschi per allontanare la vergogna dalla famiglia, godendo allo stesso tempo di tutti i diritti di un maschio. Attenzione però: le “bacha posh”, arrivata la pubertà, ridiventano “improvvisamente” donne, devono sposarsi e ripiombano nell’inferno delle terribili condizioni riservate al sesso femminile in Afghanistan.
2 La storia di Ukmina è ancora diversa: lei era una “bacha posh” che però, al momento di ritornare a vestire abiti femminili, si è rifiutata, nascondendo coraggiosamente le sue forme e ogni scampolo di femminilità per continuare la sua vita libera. Sfidando la famiglia, il mullah, e anche i talebani, costringendosi a non innamorarsi mai e a dimenticare per sempre il sogno di una famiglia, per poter restare libera. Ukmina dice con orgoglio di non essersi mai innamorata e di non sentire la mancanza di figli. Un po’ è la verità, un po’, specie verso il finale, si avverte la malinconia di una persona che ha dovuto rinunciare a parte delle possibilità della vita perché non ha avuto scelta. Per sopravvivere.
3 La storia di Ukmina, però, non si è fermata qui: la donna nel corso della sua vita ha deciso – quando è stato possibile – di impegnarsi in politica, pur essendo analfabeta, e lottare attivamente per i diritti delle donne. Una lotta che dev’essere portata avanti con compromessi, passo dopo passo, calandosi nella mentalità del popolo e provando a cambiarla da dentro, perché nessuna debba essere più costretta a scegliere di “annullare” la propria identità per essere libera.