“Chiamo i miei fratelli” di Jonas Hassen Khemiri: la Svezia è davvero un modello di integrazione?

SUL LIBRO

Questa è una storia morale, che vuole comunicare un messaggio. Ma lo fa attraverso i caratteri, i personaggi e le azioni e le voci dei protagonisti. Niente è didascalico, tutto è esperienza vissuta

Tempo di lettura: 2 minuti

A dieci anni esatti dalla sua prima edizione, Einaudi propone al pubblico italiano il romanzo breve, anzi brevissimo, “Chiamo i miei fratelli” dello svedese Jonas Hassen Khemiri. Un autore affermato a livello internazionale, che in questo lavoro affronta la questione cruciale del multiculturalismo in un Paese considerato da molti un modello di integrazione.

Un modello sempre più in discussione e incrinato, che l’autore fa – letteralmente – detonare, facendo emergere i conflitti che le società nascondono per vergogna, indifferenza o malafede. Un libro che mostra il lato oscuro non solo della Svezia, ma dell’Europa tutta.

La trama, in breve

Un’auto è esplosa al centro di Stoccolma e la polizia presidia una città coi nervi a fior di pelle. Potrebbe essere stato chiunque, ma è molto facile che i sospetti ricadano su quelli come Amor e i suoi fratelli: gli svedesi meno svedesi degli altri. Per 24 ore seguiamo Amor vagare per la città alla ricerca di un pezzo di ricambio per un elettrodomestico e intanto telefonare e ricevere telefonate: dal suo migliore amico, di una parente che sta in Francia, a un’amica di cui è innamorato, dell’operatrice di un call center, a sua nonna. Una rete di legami tra persone che si stringono per confermare la propria innocenza, per pronunciarla ad alta voce e per rispondere allo sguardo ostile dei loro concittadini più svedesi degli altri. Alla fine del suo giorno e della sua notte più lunghi cosa troverà Amor? Quale verità, e su chi?

Tre buoni motivi per leggerlo

La verità è che Amor ha ottime ragione per chiamare i suoi fratelli, come noi abbiamo almeno tre buone ragioni per leggere questo libro.

1La quarta copertina dice “Chiamo i miei fratelli” è “scritto con lo stile perforante di una canzone trap”. Non è vero, ma è vero che lo stile è molto importante in questo libro, perchè è tutto ritmo. E Khemiri stile ne ha da vendere. Praticamente la storia è composta esclusivamente di dialoghi: del protagonista coi suoi interlocutori e con se stesso. Quasi una sceneggiatura teatrale. Questo rende la storia molto plastica, corporea: ce la mette davanti agli occhi, ipnotizzandoci. E se il trap è lento, cadenzato, qui siamo in realtà di fronte al rap, a qualcosa di veloce e che ti investe, proprio come la realtà che investe Amor. Ricorda allo stesso tempo i film “L’odio” e “Tutto in una notte”: tempo compresso in una città psichedelica e ostile.

2Questa è una storia morale, che vuole comunicare un messaggio. Ma lo fa attraverso i caratteri, i personaggi e le azioni e le voci dei protagonisti. Niente è didascalico, tutto è esperienza vissuta. E tutti comunicano l’essere fuori posto di immigrati di seconda o terza generazione che sono ormai cittadini ma non vengono trattati come tali. Possono integrarsi, mimetizzarsi o reagire (come fa la cugina di Amor in una delle scene più efficaci del romanzo), ma non potranno mai essere invisibili. Khemiri vuole dirci che la polizia non è razzista solo negli Usa, ma soprattutto che ogni città ed ogni cittadinanza sono una riconquista quotidiana e sempre instabile. Quindi piena di storie da raccontare.

3Nulla è scontato, in questo racconto lungo. La prospettiva cambia velocemente e le certezze di una pagina si infrangono poco più avanti. Nella telefonata tra Amor e la donna che ama non ricambiato c’è una delle chiavi del racconto. Una chiave morale (che ricorda, ma invertita, quella usata da Mohsin Hamid ne “Il fondamentalista riluttante”) ma soprattutto narrativa: perché nella buona narrativa i cambi di direzione della trama sono il messaggio. Tutto culmina in un finale sorprendente (anche se ben preparato) e che rende ancora più forte l’impatto di “Chiamo i miei fratelli” sui lettori.

 

 

Il destino del desiderio...

Ci sono romanzi da cui ti aspetti una cosa...

“Il limite invisibile” di...

Con "Il limite invisibile" (Giunti, 2023, nella efficace traduzione...

“Pizza Girl” di Jean...

"Pizza Girl", esordio di Jean Kyoung Frazier (Blackie, 2022,...

“La Torre” di Bae...

Di fronte alla collana 'Asia' della casa editrice torinese...

Dark Japan: “Non è...

Potrebbe essere un manga e sarebbe perfetto per una...

“Le sette lune di...

Non sempre i romanzi che conquistano i grandi premi...

“Le bambine non esistono” di Ukmina Manoori: l’Afghanistan e quelle bimbe vestite da maschi per sopravvivere

"Le bambine non esistono": parola di Ukmina Manoori, donna afghana che ha deciso di raccontare la sua storia molto particolare in un libro curato...

Tre buoni motivi per leggere “Le città invisibili” di Italo Calvino

Vi è mai capitato di leggere da giovani libri (perché costretti) che avete odiato, riscoprendoli e adorandoli più avanti? A me è successo con...

Il grande successo della serie tv “Mare Fuori”: 3 libri da leggere sull’argomento

C'è una serie tv italiana che in questo momento sta facendo parlare adulti e giovanissimi, prodotta da Rai Fiction, celebrata al recente Festival di...

Gialli che passione: 5 libri con cui iniziare il 2023

Ho una tradizione: il primo libro che leggo all'inizio dell'anno è sempre un giallo. E se negli ultimi tempi la scelta era stata quasi...

Libri da leggere nel 2023: 20 “must have” per affrontare l’anno nuovo

Se vi è piaciuta la nostra guida con i libri che abbiamo più amato nell'arco del 2022, eccoci qui alla classifica dei libri da...

Il destino del desiderio nell’era del K-pop: “Y/N” di Esther Yi

Ci sono romanzi da cui ti aspetti una cosa e quello che trovi è non solo molto diverso, ma straordinariamente più interessante di ciò...

“Pizza Girl” di Jean Kyoung Frazier: gli stupefacenti disordini dell’amore

"Pizza Girl", esordio di Jean Kyoung Frazier (Blackie, 2022, magnifica traduzione di Monica Nastasi), è un dono per cui dobbiamo ringraziare Richard Ford e...

Tre buoni motivi per leggere la serie del Commissario Gamache di Louise Penny

Tre libri, tre giudizi diversi per una saga che vale 4 stelle "Case di vetro", "Il regno delle ombre" e "Un uomo migliore" sono i...

Tre buoni motivi per leggere “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia

Aprire il libro sul proprio lavoro per aprire gli occhi dei lettori: il sogno proibito è anche utile "Il mondo deve sapere (quant'è schifa la vita...
Questa è una storia morale, che vuole comunicare un messaggio. Ma lo fa attraverso i caratteri, i personaggi e le azioni e le voci dei protagonisti. Niente è didascalico, tutto è esperienza vissuta"Chiamo i miei fratelli" di Jonas Hassen Khemiri: la Svezia è davvero un modello di integrazione?