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Se siete amanti dei racconti brevi, della letteratura giapponese, delle storie tenere e (soprattutto) della cucina, “Sushi misto dopo l’amore” di Mitsuyo Kakuta (Rizzoli, 2022, tradotto da Federica Lippi) fa decisamente per voi. L’ho trovato nell’angolo di una libreria di Reggio Emilia e il titolo mi ha subito incuriosita, così come il formato: tascabile, nemmeno 200 pagine, prometteva bene per una lettura leggera e divertente. E così è stato: ho acquistato il libro di questa scrittrice che negli anni si è affermata come una delle nuove voci femminili più amate in Giappone, e l’ho divorato.
La trama, in breve
Sono brevi racconti che esplorano il rapporto dei protagonisti con il cibo considerato non solo un mero “nutrimento”, ma un elemento in grado di creare legami. Cucinare per qualcuno può essere una dichiarazione d’amore o un addio, può cambiare le carte in tavola o aiutarci a decidere una volta per tutte in che direzione andare. Negli ingredienti si nascondono ricordi ed emozioni che ci aiutano a connetterci con il prossimo, stabilendo (o ristabilendo) legami.
C’è Kyoko che, decidendo di prepararsi l’agnello per cena, ricomincia a prendersi cura di sé e del suo cuore spezzato; Naoya, impastando insieme alla sorella, le restituisce la voglia di mangiare; Akio che si iscrive a un corso di cucina per ricordare la moglie e incontra nuove persone; Momoko che si è sempre potuta occupare poco del figlio ma, appena poteva, gli preparava un piatto speciale. E così via.
Ecco i tre buoni motivi per leggere questa piccola chicca.
1. Tenero come solo certi libri giapponesi sanno essere
Ho trovato in questo libro una tenerezza tutta giapponese: i ricordi e le emozioni sono nascosti nelle piccole cose di tutti i giorni. Un piatto speciale che una mamma prepara per il figlio, una serata che rimette in sintonia una coppia in crisi, una persona gentile che aiuta un vedovo a scoprire qual era quel piatto che la moglie gli preparava sempre così bene, un gesto di gentilezza verso se stessi, una telefonata della nuora che chiede una ricetta e risveglia vecchi ricordi. Tramite il fil rouge della cucina, si fa pace con il proprio passato e si guarda avanti. Si potrebbe dire che è un libro che ispira “saudade”, che parla di ricordi nostalgici, affettivi, gentili come una brezza primaverile, che però non comportano tanto tristezza quanto accettazione del passato e fede nel futuro.
Sicuramente in giapponese esiste un termine per descrivere questo specifico sentimento. Anzi, mi sono ricordata grazie ad Amélie Nothomb (autrice che adoro) che la parola che potrebbe avvicinarsi di più a quello che voglio dire è “natsukashii”, nostalgia felice, l’istante in cui la memoria rievoca un bel ricordo che riempie di dolcezza.
2. Racconti concatenati
I racconti sono brevi episodi, sempre con protagonisti diversi, ma legati l’uno all’altro da una sorta di “passaggio di testimone”. In alcuni casi si tratta di amici dei protagonisti del racconto precedente, in altri semplici conoscenti o colleghi: un escamotage divertente e azzeccato per unire storie che, senza questo comune denominatore, avrebbero come collegamento solo l’argomento principale, ovvero la cucina.
3. Qualche ora di buonumore con un tuffo in cucina
È un libro che si legge molto in fretta e non necessita di particolare concentrazione: sono 15 piccoli racconti che possono essere letti tutti d’un fiato oppure a distanza di tempo senza paura di perdere il filo, perché ognuno racconta una storia diversa. E poi, chi ama la cucina giapponese, potrà trovare ricette di piatti conosciuti e meno, sicuramente molto comuni nelle case del Sol Levante, un po’ meno nei ristoranti che hanno aperto in Italia: tsukemono, chimaki, zuppa di ravioli, maiale alla Yanagawa, udon e molto altro.