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A 19 anni di distanza dalla prima edizione italiana, Sellerio riporta in libreria, con una bellissima copertina di Lavinia Fagiuoli, il giallo letterario “Rosaura alle dieci” dell’argentino Marco Denevi. Con la traduzione di Glauco Felci e un’introduzione di Alberto Manguel, questo romanzo del 1955 non ha perso nulla della sua originalità. Anzi: dimostra che nel profluvio di polizieschi che seppelliscono il mercato, i classici sono un rifugio felice e sicuro per i veri ed esigenti cultori del genere.
La trama, in breve
Dopo dodici anni come ospite anonimo e silenzioso della pensione “La Madrileña”, gestita dalla vedova Milagros Ramoneda e le sue tre figlie, il restauratore di quadri Camilo Canegato diventa il protagonista di un intreccio di passione e misteri che conducono a un delitto. La vicenda viene riscostruita attraverso quattro testimonianze e una lettera. Cinque voci che parlano sempre in prima persona, e tra queste la vittima, Rosaura, e il presunto assassino, Camilo.
Le cinque testimonianze hanno una lunghezza decrescente e la prima, che prende praticamente metà del libro, quella della signora Milagros, ci dice quasi tutto sulla storia d’amore tra Camilo e Rosaura, delle lettere di lei profumate di violetta, dell’amore negato da un padre crudele e infine della fuga d’amore di Rosaura e di un matrimonio concluso in tragedia. Ma tutte le quattro testimonianze successive smentiranno la precedente, smentendosi a loro volta a vicenda. La verità è al centro di questo labirinto: alla fine del libro.
Tre buoni motivi per leggerlo
“Rosaura alla dieci” è un giallo senza detective, che consigliamo di leggere per tre buoni motivi.
1Denevi scrive quello che viene definito “giallo letterario“, ovvero un romanzo che usa il genere poliziesco per altri scopi narrativi, giocando in modo mirabile con la scrittura. Ogni testimonianza è di per sé una storia. Un melodramma ironico, una satira su un giovane saccente (l’antagonista di Camilo, l’avvocato filosofo ed aspirante eroe David Réguel), un racconto pirandelliano con sfumature gotiche, un divertissement alla Agatha Christie, un hard boiled. Questo delizioso pastiche ci porta direttamente a Borges, mago dei labirinti letterari e autore di racconti gialli poco conosciuti che meriterebbero una riscoperta. Il risultato è godibilissimo, sia per gli amanti del giallo che per chi cerca una bella trama piena di sorprese, dove la verità emerge poco a poco, come un gomitolo nelle nostre mani.
2I personaggi sono tutti magnifici. E sono tutti dei mentitori, dei romantici, dei bugiardi, dei millantatori, dei sognatori, degli illusionisti e degli illusi. Ognuno racconta la sua versione dei fatti tacendo o deformando qualcosa: ed è nei segreti e nelle omissioni che si nasconde la verità. La verità su Camilo e, soprattutto, su Rosaura, vero enigma intorno al quale tutto ruota: chi è davvero? Esiste davvero o è un fantasma, una fantasia? Muore: ma è mai stata viva? A volte questo romanzo sembra un film di Alfred Hitchcock, dove i dettagli fanno tutta la differenza del mondo, e l’estasi di chi guarda o… legge.
3“Rosaura alle dieci” è un gioco letterario, ma anche un giallo perfetto perchè non inganna mai il lettore. Chi ha il gusto di “indovinare il colpevole” ha tutti gli elementi per arrivare alla soluzione ma, come accade nelle detective novel più riuscite, non vuole arrivarci. Vuole che sia la storia a condurlo alla fine, senza rovinargli nulla di quella meravigliosa attesa che è tutto per chi legge gialli. Quando chi scrive (che sa tutto) e chi legge (che sa solo quello che legge) diventano complici, il giallo è autentica gioia.