“Ai piani bassi”: la vera storia a cui è ispirata la serie tv “Downton Abbey”

SUL LIBRO

L'autobiografia scritta da una giovanissima sguattera, poi aiuto cuoca e infine cuoca negli anni '20-'30

Tempo di lettura: 2 minuti

Di recente, con un ritardo paragonabile solo a quello di Internet Explorer, ho iniziato a vedere l’acclamata serie tv britannica “Downton Abbey”, ambientata negli anni fra il 1912 e il 1926 nello Yorkshire.

Mi è piaciuta molto, dagli attori alla sceneggiatura, passando per la regia e il gioco di trame intrecciate tra la vita dei nobili e quella dei loro domestici. D’altronde, stiamo parlando di una serie tv che nel 2011 è entrata nel Guinness dei Primati come show dell’anno più acclamato dalla critica, e che proprio in questi giorni esce al cinema con lo spin off “Una nuova era”.

Quello che non sapevo è che la serie fosse ispirata a un libro, “Ai piani bassi” di Margaret Powell, edito nel 2022 da Einaudi. Dunque mi consolo pensando che il mio tragico ritardo nella visione della serie tv viene compensato dalla lettura di un libro appena uscito in Italia.

Andiamo a vedere tre buoni motivi per leggerlo:

1 Non è il romanzo di “Downton Abbey”: è un’autobiografia scritta da Powell, già giovanissima sguattera, poi aiuto cuoca e infine cuoca negli anni ’20-’30. A questo racconto si sono ispirati gli attori per raccontare le vicende dell’immaginaria tenuta. Ma si ritrova, nel racconto di Margaret (secondo me un po’ Daisy e un po’ Mrs. Patmore, per chi ha visto il telefilm) tutta l’ambientazione fedele della serie tv: un mondo diviso tra il “sopra” della nobiltà e il “sotto” della servitù, due universi totalmente diversi che non si incrociano quasi mai eppure ruotano gli uni intorno agli altri. Contrariamente a quanto possiamo pensare, spesso la servitù non cercava un’emancipazione: si trattava di persone che, comunque, vivendo nelle stesse case dei nobili si ritenevano fortunate ad avere un tetto sulla testa e pasti dignitosi. A tenere insieme questo sistema, il pensiero che nessuna delle due categorie sarebbe sopravvissuta senza l’altra.

2 Non è un libro dolente: Margaret è una persona vivace, curiosa e ottimista, ha voglia di imparare e di emanciparsi. Si è tuffata senza lamentarsi nell’unico lavoro che la sua classe sociale poteva offrirle descrivendolo con ironia, ma non si è mai dimenticata lo studio, la voglia di conoscere e, di conseguenza, di elevarsi.

3 Il libro è breve, sono 192 pagine, e la scrittura è molto scorrevole e fresca.

 

 

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