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“Vite istantanee” di Andrés Neuman (Sur) è stato uno di quei libri che mi ha attirata da subito, fin da quando l’ho visto per la prima volta allo stand dell’editore al Salone del Libro di Torino. L’ho acquistato, poi per una serie di peripezie e letture arretrate non sono riuscita a leggerlo subito ma – siccome non ha mai smesso di ispirarmi – l’ho portato con me (in borsa, in valigia, nello zaino, sul comodino) per dei mesi. Poi finalmente l’ho letto in un paio di giorni, tutto d’un fiato, togliendomi questa “sete” che mi trascinavo dietro da così tanto tempo.
Che dire, ho trovato questa raccolta di racconti meravigliosa, 150 pagine che non vorresti mai finire, scritte dall’autore selezionato dalla rivista “Granta” tra i migliori giovani scrittori in lingua spagnola. Ecco perché mi è piaciuta:
1 Sono racconti molto brevi (si va da una pagina composta a volte da poche righe a 4-6 pagine al massimo) che, come dei flash, raccontano storie diverse di persone e contesti altrettanto differenti. Potremmo dire che il filo conduttore è proprio il tempo che scorre e la conseguente ricerca della cattura dell’istante dell’autore, che divide il libro in diverse parti: l’appuntamento della vita, fare il morto, riepilogo familiare e così via. L’essenza del libro si può intravedere proprio nel primo racconto, “Vite istantanee”, che dà il titolo alla raccolta, e che non è altro che una serie di annunci fittizi pubblicati sul giornale, scritti da un insieme di persone diversissime tra loro, con i loro vizi e manie, che cercano tutte l’anima gemella a loro modo. Ecco, trovo che questa sia un’introduzione perfetta per il resto del libro. A chi piacciono i racconti brevi ispirati a episodi della vita quotidiana consiglio anche un altro libro simile, “Esperimento di verità” di Paul Auster, protagonista della letteratura statunitense contemporanea.
2 Ho trovato questi racconti davvero uno più bello dell’altro: spesso assurdi, fortemente ironici, ricchi di protagonisti indimenticabili, secondo me molto adatti a un’eventuale rappresentazione teatrale. Il monologo della guardona, l’ex suora che scopre le gioie del sesso, la moglie che trova una giacca così uguale a quella che aveva regalato al marito in un negozio di seconda mano, una casa infestata dagli scarafaggi con una strega per vicina, l’uomo che non ha mai tempo per nulla. Tutti racconti scritti con un linguaggio diretto, semplice ma maneggiato con sapienza e con un finale sorprendente, così come d’altronde dev’essere per un racconto efficace.
3 Mi è piaciuto anche molto l’epilogo, presentato come “bonus track”, un breve saggio sul racconto e sulle differenze con il romanzo. Ho condiviso quasi tutte le riflessioni dell’autore, specialmente quando dice che “il romanzo è la luce del giorno. O della luna piena. Il racconto, solo un colpo di torcia. O un cerino nella nostra camera al buio”. Oppure quando dice che “tutte le storie hanno un finale, ma non tutte si risolvono. Il narratore breve (al contrario del romanziere) è tendenzialmente molto più preoccupato del finale che dello scioglimento. Di quale e di come saranno l’ultima scena, l’ultima immagine, le ultime parole”. Ed è innegabile che è dal finale – nel racconto breve – che si vede se si ha a che fare con un bravo scrittore. E Neuman lo è.