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Tutti noi tendiamo a vedere gli atleti (specie quelli di alto livello) come supereroi. Specialmente in un momento in cui sono davvero sotto gli occhi di tutti, come alle Olimpiadi. Ma sono esseri umani e come tutti noi possono affrontare momenti difficili: depressione, attacchi di panico, malattie. Con l’incubo di non riuscire più a tornare in campo. E, proprio come noi, possono lavorare su se stessi per vincere le loro paure.
Per questo ho apprezzato molto la lettura di “Golden set” di Marco Fantasia giornalista di Rai Sport e voce della pallavolo femminile che in questi giorni tra l’altro è proprio alle Olimpiadi di Parigi. Il libro, edito da labDfg nel 2023, racconta storie di riscatto e di atleti che hanno affrontato condizioni difficili riuscendo a superare a modo loro le difficoltà. Lo abbiamo presentato a luglio nella nostra rassegna “Libri in piazzetta“, insieme al giocatore e allenatore di basket Angelo Dellarovere, e anche in altre occasioni.
Premessa, a differenza di Simone non sono una sportiva particolare: ma mi piacciono le storie umane, le storie di vita, quelle che lasciano insegnamenti e inducono riflessioni. E “Golden set” va senz’altro in questa direzione. Il fatto che mi sia piaciuto significa che è proprio un libro adatto a tutti.
Ecco tre buoni motivi per leggerlo:
1. Gli atleti sono esseri umani, fragili proprio come noi: storie di coraggio
E dunque sì, anche loro possono andare in depressione a causa dei commenti su Facebook, possono cadere nella trappola degli attacchi di panico e dell’ansia generati da una cultura della prestazione a tutti i costi. E possono ammalarsi.
Il libro, che tramite le interviste dell’autore racconta storie difficili di atleti arrivati a livelli eccellenti, non è “dolente”: tutti gli sportivi sono riusciti in qualche modo a bypassare le difficoltà tornando in campo. A modo loro. Dunque il libro contiene anche un grande messaggio di speranza.
C’è Noemi Signorile che dopo svariate e ingiuste critiche nell’ambiente pallavolistico inizia a soffrire di attacchi di panico, Marco Meoni che a causa dell’ansia non riesce più letteralmente a palleggiare, Eleonora Lo Bianco che scopre di avere un tumore al seno, Giulia Aringhieri che deve fare i conti con la diagnosi di sclerosi multipla e inizia subito con il sitting volley trovando una nuova opportunità.
2. Il benessere mentale conta come quello fisico
Il libro, arricchito dagli interventi di esperti, medici e mental coach, parla di una condizione ancora troppo poco affrontata nel mondo dello sport. Il benessere mentale, che conta come quello fisico.
Quando un atleta si rompe una caviglia il danno è evidente e inizia subito un lavoro di cura e riabilitazione. Ma quando si “rompe” qualcosa dentro, cosa bisogna fare? Nel libro sono ben spiegate le reazioni degli atleti: c’è chi si è subito affidato a specialisti e chi invece era titubante, afferrandosi al pensiero ancora troppo diffuso che prendersi cura della propria salute mentale equivalga a definirsi “matti”.
Ovviamente non è così e lo sport è un ambito molto delicato in cui il corpo lavora a pari passo con la mente: non basta cercare di concentrarsi se c’è qualcosa di più profondo da affrontare. Per questo molte società stanno iniziando a mettere mental coach a disposizione degli atleti: c’è ancora tanto da fare, ma è un inizio. Certo, mi chiedo quante persone di talento nel tempo hanno mollato, magari dopo i giudizi di pubblico, social o anche degli allenatori, perché non sono riuscite ad avere un supporto.
3. La discriminazione della donna: anche nello sport c’è da fare
Nel libro si parla anche tanto di discriminazione come quella che affrontano ancora e sempre le donne che nel nostro Paese sono costrette a scegliere tra famiglia e lavoro (anche quello del professionismo sportivo). O che si trovano ad essere giudicate per il fisico, sempre più degli uomini.
Sono raccontati casi speciali come quello di Lara Lugli, che nel 2019 (non 50 anni fa) aveva cessato la sua attività sportiva dopo le polemiche legate alla sua gravidanza, di Alessia Orro che a causa di uno stalker stava per mollare tutto. E anche di abusi psicologici legati al fisico, con le storie di Anna Basta, ginnasta che ha raccontato delle allenatrici ossessionate dal peso delle atlete fino a indurle – con i loro comportamenti – ai disturbi dell’alimentazione. O di Francesca Villani, pallavolista presa di mira prima dall’allenatore e poi sui social a causa della sua “fame nervosa”.
Insomma anche nello sport, per le donne, c’è ancora tanto da fare.