Tempo di lettura: 2 minuti
Il romanzo “Chi dice e chi tace” di Chiara Valerio (Sellerio, 2024) è stato recentemente selezionato nella dozzina del Premio Strega ed è, per me, il primo approccio all’opera narrativa di un’autrice che conoscevo come saggista, apprezzandone soprattutto “La tecnologia è magia” (Einaudi, 2023). È un libro di cui si parla molto, scritto da una protagonista del dibattito culturale italiano che interviene molto e che molto fa parlare e discutere. Forse è solo un’impressione, ma gli scrittori stanno tornando importanti, ed è un bene. Sperando che lo si faccia anche per i loro libri, soprattutto quando sono di grande valore, come questo.
La trama, in breve
Siamo nella piccola località balneare di Scauri, ultima città del Lazio, e l’avvocato Lea Russo parte con il marito e le due figlie per un fine settimana a Ponza. Il lunedì Lea riceve una telefonata di Marta, breve e concisa: “Vittoria è morta ieri mattina. So che le piacevi, e che lei piaceva a te”. Vittoria e Marta non erano di Scauri ma vivevano lì, insieme, dagli anni ’70. Nessuno sapeva che legame le unisse, di certo non erano madre e figlia, anche se la differenza di età era quella. La morte sembra accidentale, ma Lea non è convinta. Decide di indagare, ma non per risolvere un delitto, che forse non c’è, ma per scoprire chi fosse davvero Vittoria, una donna che diceva poco e di cui tutti sapevano qualcosa, ma nessuno sapeva tutto. Di più non si può dire, perché in questo romanzo ogni poche pagine c’è una rivelazione, un segreto che si dischiude, la tessera di un puzzle che va a posto oppure no. Su Vittoria, su Mara, su Lea e su tanti altri cittadini di Scauri.
Senza scrivere un giallo, Chiara Valerio usa il paradigma indiziario per seguire le tracce di vite che si sono sfiorate, intese e malintese, regalandoci un romanzo con almeno tre grandi pregi.
1. Sguardi femminili che scardinano il mondo
“Chi dice e chi tace” è, tra le tante cose, un romanzo sulle donne in Italia tra gli anni ’70 e gli anni ’90, tra emancipazione e rielaborazione, in una società che rimane ostile, accondiscendente. Chiara Valerio affronta i temi dell’identità di genere, della violenza patriarcale, dell’intreccio tra genere e classe sociale attraverso una donna viva che indaga su una donna morta soprattutto per capire quale legame ci fosse davvero tra loro due. Quale legame avrebbe potuto esserci. Lo fa, soprattutto, sempre con la narrazione con un intreccio ricco di inganni e svelamenti. Lo fa mettendo a nudo la questione inevitabile, ma spesso taciuta, del potere. I personaggi di Chiara Valerio non sono mai una cosa sola, e se c’è una letteratura queer, nel senso di perturbante, questa lo è.
2. Una scrittura bella e viva
Capita davvero raramente di dire di un libro che è scritto bene. “Chi dice e chi tace” ha un registro sospeso tra la restituzione dell’oralità e la raffinatezza, colto e accessibile. Senza scadere mai nell’autocompiacimento e nell’esibizionismo, Chiara Valerio fa un uso della lingua italiana che riscatta da molta piattezza e molte ambizioni mal spese di tanti autori e autrici. Una scrittura che a me sembra nomadica, ovvero che prende per mano il lettore e lo porta a spasso, a passeggio, in un libro che fa piacere leggere.
3. La seduzione dei segreti
I segreti sono seducenti, soprattutto quelli che riguardano noi stessi. Il romanzo di Chiara Valerio indaga gli enigmi del piacere, il confine sottile tra quello che non ci diciamo e quello che desideriamo, l’asimmetria tra l’accettazione e la rivolta. Indaga non la verità, ma come le verità cambino nello spazio e nel tempo. L’autrice dice, in una nota finale, che ha scritto questo romanzo mentre studiava le figure femminili nei romanzi non-Maigret di Georges Simenon. Ma le figure femminili protagoniste della storia sono proprie di Chiara Valerio e non un’imitazione. Sono proprie di uno sguardo acuto ed empatico sulla realtà della piccola provincia italiana, su quello che in questo microcosmo si dice e si tace e dove nulla è scontato, men che mai l’innocenza.