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Credevamo che il 2022 potesse essere l’anno del ritorno alla normalità, ma ci sbagliavamo. La guerra in Ucraina ci ha detto che siamo ancora nella timeline sbagliata, ovvero in una linea temporale in cui tutto quello che doveva andare in un certo modo è andato nella direzione esattamente opposta. Da quel momento viviamo in Matrix, in una distopia, in un universo parallelo a quello giusto. Ma quando è iniziata questa frattura? Con il covid-19? Con l’elezione di Trump? Con la Brexit? Tutti eventi che non avevamo previsto e che erano tutti convinti che non sarebbero potuti succedere. Anche coloro che magari hanno votato per Trump o per la Brexit. O forse dovremmo andare ancora più indietro, alla crisi del 2008 o all’11 settembre del 2001?
Di cosa parla “Interregno”
Una spiegazione prova a darcela Mattia Salvia con il suo saggio “Interregno – Iconografie del XXI Secolo” (Nero Editions), attraverso l’iconografia del nostro tempo, composta soprattutto dai meme che circolano in rete in modo accelerato e incontenibile. È un libro sorprendente, avvolgente (non riuscirete a staccarvi dalla lettura), illuminante, dall’apparato iconografico ricchissimo (a partire dalla splendida copertina di Akoi 1) e con una struttura che è già il suggerimento di un’interpretazione possibile della realtà: capitoli ordinati dal 10 allo 0, in un conto alla rovescia che ci porta all’inizio, o alla fine, della timeline sbagliata.
Salvia compie un’indagine in cui gli indizi (e le prove) sono immagini che abbiamo visto e rivisto, commentato, ripostato, condiviso; immagini che sono diventate icone del nostro tempo – l’invasore in pelliccia e cornuto del Campidoglio, la protesta degli ombrelli di Hong Kong, i meme con la faccia di rana di Trump ma anche dei Talebani, gli incendi australiani, la Costa Concordia e tante altre – tentando non di rimetterle in ordine ma di dare loro un senso, perché in fondo non siamo nella timeline sbagliata, ma in una timeline che non capiamo.
Tre buoni motivi per leggerlo
Un libro esplosivo che offre infiniti spunti di riflessione, di cui tre meritano di essere sottolineati.
1Viviamo circondati da immagini che siamo abituati a dare per scontate e a cui attribuiamo un contenuto di verità molto forte. Ma non “leggiamo” quasi mai queste immagini, perché non sappiamo leggerle. E se lo facessimo scopriremmo che sono costruite per ottenere un risultato, che non sono mai neutre. Scopriremmo che sono spesso decontestualizzate e in qualche modo manipolate. Non sempre per ingannarci, ma comunque sempre ambigue e imperfette. Le immagini sono un linguaggio e un codice che dovremmo imparare, per essere liberi e autonomi: il libro di Salvia è un ottimo inizio.
2In un’epoca in cui le catastrofi, i traumi collettivi, le rivolte e infine anche le guerre si moltiplicano, siamo sempre in bilico tra l’esasperazione e l’assuefazione. E spesso ricorriamo all’ironia, perché questo sono i meme: un modo per prendere le distanze da quello che ci travolge e ci spaventa. È un meccanismo che aveva già descritto David Foster Wallace in uno dei suoi saggi meno letti e che ora è, semplicemente, il nostro modo quotidiano di sopravvivere. Ma l’unico modo per tornare nella timeline giusta è cambiare le cose, e per questo l’ironia non basterà.
3Le immagini non solo spiegano la geopolitica, ma sono geopolitica. Perché se le informazioni sono sempre state decisive nei conflitti caldi e freddi, oggi le informazioni sono soprattutto composte da immagini. E se per decenni l’Occidente e gli USA hanno avuto un predominio sulla produzione dell’iconografia, oggi gli Ayatollah possono sfidare i Presidenti USA a colpi di meme a tema Games Of Thrones. L’iconografia del XXI secolo è un linguaggio universale, ma declinato da ognuno secondo i suoi obiettivi e la sua cultura, e la frattura in cui siamo non è solo temporale ma geografica, perché è una frattura nella globalizzazione. Così il libro di Salvia non è solo una bussola, ma anche una mappa, variopinta come ogni atlante che si rispetti.