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“Le verità di Miracle Creek” è il romanzo con cui Angie Kim e si è aggiudicata la sezione opere prime delll’Edgar Award nel 2020, prestigioso letterario riservato alle opere di genere thriller, giallo e horror. Nell’albo d’oro, per intenderci, ci sono maestri indiscussi come Stephen King, Elmore Leonard e Joe Lansdale. Immigrata a Baltimora dalla Sud Corea con la sua famiglia all’età di quattro anni, l’autrice si è laureata ad Harvard ed esercita la professione legale. Tutte esperienze che ha messo a frutto in questo intenso mix di legal thriller e dramma familiare che Mondadori ha portato in Italia nel 2022, con l’ottima traduzione di Massimo Gardella.
La trama in breve
Pak, sua moglie Young e la figlia Mary gestiscono una camera iperbarica in cui praticano una terapia alternativa per patologie come l’autismo, malattie cerebrali e la sterilità. Durante una seduta il macchinario viene fatto esplodere, uccidendo un bambino autistico e la madre di un altro. Dell’omicidio viene accusata la madre della vittima. Il libro segue il processo, e attraverso gli interrogatori e i controinterrogatori del pubblico ministero e dell’avvocata della difesa emergono i segreti e le bugie di tutti i protagonisti della vicenda, che a loro volta scoprono le verità non dette dai propri familiari, dai propri amici, dai propri soci in affari. Ma soprattutto scoprono le verità nascoste a se stessi: perché mentirsi a volte è l’unico modo per assolversi. E sopravvivere.
Tre buoni motivi per leggerlo
“Le verità di Miracle Creek” è un libro scorrevole, incalzante e allo stesso tempo acuto e pieno di sfaccettature e di spunti. Tra cui i nostri tre buoni motivi per leggerlo.
1Il libro della Kim entusiasmerà gli appassionati di Perry Mason e di John Grisham, ma ha una particolarità: gli avvocati che intervengono in aula sono solo l’innesco della necessità di indagare dei protagonisti del processo. L’autrice è bravissima nel disseminare indizi, rilasciare lentamente segreti che stravolgono continuamente il punto di vista dei personaggi e quello dei lettori. Ogni volta che sembra di aver capito la soluzione, la trama cambia direzione e ci sorprende, smontando la verità appena suggerita. Inoltre ogni scoperta innesca a sua volta delle conseguenze che determinano nuovi sviluppi. Un congegno narrativo che sembra un caleidoscopio: ogni volta che lo scuotiamo si compone un nuovo ordine, diverso dal precedente e dal successivo, sino a un finale praticamente perfetto.
2“La verità di Miracle Creek” affronta tre temi sempre molto insidiosi: l’integrazione di una famiglia immigrata nella dura società americana, il rapporto tra madri e figli e la condizione di genitori di ragazzi disabili. Sono temi insidiosi perché rischiano di annegare nel patetico o nella retorica: ma nel libro della Kim non ce n’è traccia. È un libro duro, schietto e che sa cogliere l’umanità delle nostre debolezze e delle nostre imperfezioni senza mai approfittarne. Si inserisce quindi nel filone di “Tanti piccoli fuochi” di Cleste NG e se – come ritengo probabile – prima o poi la storia diventerà una serie tv, si spera che la trasposizione cinematografica non aggiunga al romanzo i difetti che non ha, ma ne conservi i numerosi pregi.
3Ci sono almeno tre personaggi femminili che valgono da soli tutto il libro. Da una parte Young e sua figlia Mary, che incarnano tutti gli impatti che ha sulla cultura delle donne il passaggio da una società patriarcale ma solidaristica ad una programmaticamente più paritaria ma fondata sull’individualismo. Dall’altra Elizabeth, imputata dell’omicidio di suo figlio: una figura tragica e autentica, stretta tra l’amore materno e il desiderio di un figlio “normale”. Attraverso di lei intraprendiamo un viaggio nella diversità che ci cambierà, come dovrebbe fare sempre una buona storia.