Tre buoni motivi per leggere “L’ignoto ignoto” di Mark Forsyth

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5 out of 5 stars (5 / 5)
Un piccolo gioiellino per tutti i lettori onnivori


Forse, in questo momento, se dovessi scegliere una lettura che mi identifica, sceglierei proprio “L’ignoto ignoto” di Mark Forsyth (Editori Laterza).

Appena 26 pagine – e 2 euro di spesa – per questo brevissimo saggio pubblicato nel 2014 sull’Independent Booksellers Week dall’autore, scrittore, tra i più noti linguisti e commentatori della lingua inglese in Gran Bretagna. Ma sono 26 pagine di cui un lettore facilmente si innamorerà: il sottotitolo è “Le librerie e il piacere di non trovare quello che cercavi“. Ma forse dovrebbe essere anche “Le librerie e il piacere di trovare quello che non cercavi”, perché il racconto è interamente incentrato sulla meraviglia di aggirarsi in libreria scoprendo nuovi spunti, nuove idee, nuovi libri di cui innamorarsi, di cui prima non si conosceva l’esistenza.

Ecco tre buoni motivi per leggerlo:

1 Perché è una dichiarazione d’amore nei confronti dell’universo dei libri, ma anche della curiosità. Quella curiosità che anima il lettore onnivoro, e lo spinge a entrare in una libreria imbattendosi non solo nei libri che conosce o in quelli che sa di non conoscere. Ma anche in quelli che non sa di non conoscere, ovvero di cui ignora proprio l’esistenza. Il gusto di scoprire – aiutati dalla casualità – un’opera prima sconosciuta, di sentire che sì, ti sta chiamando, di dire «perchè no», e di uscire dalla libreria con una copia in mano.

2 Perché è estremamente sintetico (e ironico, il che non guasta mai) e, ormai l’avrete capito, amo la sintesi. Ma non è tutto. Quello che intendo dire è che, secondo me, è molto più difficile scrivere bene un saggio breve rispetto a un testo lungo, ricco ed elaborato. È molto più difficile trasmettere in poche pagine concetti, emozioni e sensazioni che arrivano dritte al cuore e alla mente di chi legge. E questo fa di “L’ignoto ignoto” un gioiellino.

3 Perché si sofferma su un aspetto che oggi è parecchio trascurato: la casualità. Quella che nelle librerie (pardon, nelle Buone Librerie, come le chiama l’autore) ti porta a scoprire nuovi libri che prima non conoscevi assolutamente. E ad innamorartene. Quella casualità che oggi con internet – pur senza rinnegarne la grande utilità – è sottovalutata: sul web facciamo ricerche mirate, sappiamo cosa vogliamo cercare. E al limite ci imbattiamo in prodotti studiati per noi da sofisticati algoritmi, che tolgono tutta la meraviglia di scoprire una cosa nuova, magari diversa da quella che cerchiamo. E che non sappiamo (ancora) di desiderare.