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Un prequel-spin off che non convince del tutto, e annoia un po’.
Armata di tante buone speranze, in una crisi da astinenza da “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, mi sono letta in breve tempo “Il Cavaliere dei Sette Regni” di George R.R. Martin (Mondadori, 2014), ambientato nello stesso mondo del “Trono di Spade” ma 90 anni prima della saga.
Se mi è piaciuto? “Ni”… vi spiego perché in tre punti che possono essere visti come pregi o difetti, stabilitelo voi:
1 Non è neanche lontanamente paragonabile alla saga delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”. Pochi personaggi (e sconosciuti), poca azione, pochi scenari. Insomma, a mio parere sono davvero pochissimi – per essere un prequel – i momenti in cui esclami: “Ecco, questo è parente di un personaggio che conosco, ora ne scoprirò un po’ di più!” oppure “In questo posto ci siamo già stati!”. Diciamo che è più uno spin off.
2 Non c’è una vera e propria lotta per il potere, non c’è la guerra, non c’è splatter, non c’è sesso: ci si muove in un ambiente più “fiabesco“, seguendo le avventure del cavaliere errante Dunk e del suo scudiero Egg (che nasconde un segreto secondo me svelato troppo presto) e per questo credo che sia un libro adatto anche ai giovani.
3 Essendo quasi totalmente slegato dalle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, anche chi non ha letto la saga originale può leggere tranquillamente “Il cavaliere dei Sette Regni”. Anche perché all’inizio riassume abbastanza bene la storia della formazione di Westeros ed Essos (questo in effetti è un ripasso interessante per i fan).
Insomma, per me manca la magia del “Trono di Spade”. E finisce per diventare un fantasy qualunque, un buon libro ma penso che non mi rimarrà a lungo in testa.