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Ho particolarmente apprezzato “Il compito” di Liza Wiemer, edito da Il Castoro nel 2021, per la sua capacità di parlare a ragazzi e adulti di scuola, società, etica e storia in maniera discorsiva e semplice, ponendo interrogativi tutt’altro che banali.
La trama in breve
In una tranquilla cittadina statunitense, i liceali Cade e Logan rimangono decisamente perplessi quando il loro amato professore molto all’avanguardia assegna alla classe un compito discutibile: inscenare la conferenza di Wansee, nella quale i vertici del partito nazista delinearono la ‘soluzione finale’ della questione ebraica, ovvero i campi di sterminio. Il fine è apparentemente nobile, cioè far capire ai ragazzi la portata tragica dell’evento. Ma si tratta pur sempre di simulare un dibattito in cui la chiave è cercare di trovare una logica – anche se per finta – a idee aberranti. Nella conferenza infatti si sono scontrate due posizioni: c’era chi parteggiava per lo sterminio e chi per la sterilizzazione e la reclusione in ghetti o campi di lavoro. Com’è andata a finire, ce lo insegna la storia.
Cade e Logan non ci stanno, ma sembrano soli in questa battaglia contro la scuola – che difende il metodo del professore – e i compagni. Tra l’altro, mentre i più sembrano disinteressati e propensi a svolgere quel compito come qualsiasi altro, altri si sentono sdoganati e lasciano trapelare un antisemitismo mai morto, che diventa ogni giorno più evidente. I due, inascoltati, si rivolgono ai media per far sentire la loro voce e la vicenda diventerà virale, con i pro e i contro della situazione. Qual è la scelta giusta? Alla vicenda del compito si intreccia quella della crescita personale dei due ragazzi alle prese con i propri sentimenti e antichi segreti di famiglia.
Tre buoni motivi per leggere “Il Compito”
1 Il libro pone il lettore davanti a interrogativi non banali, anche perché in questo caso l’ideatore del compito non è un antagonista: il professore è stimato dai ragazzi e le sue intenzioni non sono negative. E allora da che parte stare? Quando è il caso di schierarsi? Quali strade intraprendere per far sentire la propria voce? Accettare compromessi o andare avanti fino in fondo? È sempre facile colmare la differenza tra il dire e il fare?
2Cade e Logan, come ho già spiegato, ritenendosi inascoltati, si rivolgono ai giornali e il caso esplode in tutta la sua complessità. Una delle cose che mi ha colpito di più sono le accuse rivolte ai ragazzi da parte di molti conoscenti che ritengono che, per colpa loro, l’immagine della cittadina sia stata rovinata e tentano, in qualche modo, di giustificare il compito non tanto per il suo significato quanto per spegnere i riflettori. Dunque, in sintesi, i giovani avrebbero dovuto tacere per amore della loro comunità. È una delle accuse rivolte molto spesso anche ai giornalisti: parlare di una cosa significa “fare cattiva pubblicità” al luogo in cui avviene, dunque bisogna stare zitti e non denunciare ciò che va male. Vale nel piccolo, vale anche nel grande: ricordate quando Roberto Saviano venne attaccato perché, parlando di mafia, avrebbe fatto “cattiva pubblicità all’Italia”? O quando venne criticata l’intitolazione dell’aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino poiché “ricorda la mafia”? E dunque bisogna tacere sulle cose negative per non fare “cattiva pubblicità”? Proprio no.
3 Forse non tutti lo sanno, ma il libro è ispirato a una storia vera: l’autrice, che nella vita è educatrice, ha incontrato due giovani che – come i suoi protagonisti – si sono rifiutati di svolgere un compito di natura antisemita a scuola. Da qui si è informata e nella nota del romanzo spiega di aver raccolto molte altre storie di progetti immorali e incidenti legati all’odio avvenuti in altre scuole, con professori che quasi sempre si nascondevano dietro il nobile intento di ricreare la storia e mostrarla in maniera nitida per formare un pensiero critico. E ragazzi che, per fortuna, si sono ribellati, tenendo accesa la luce della speranza e del coraggio in un tempo in cui i testimoni diretti della tragedia dell’Olocausto se ne stanno andando.