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Sui social non è tutto oro quel che luccica, e questo lo sapevamo. Ma ci sono diversi lati della carriera da influencer che non sono nati al grande pubblico: dalla spietata “gara” tra rivali alla frustrazione di doversi inventare sempre qualcosa di nuovo mentre – in nome delle visualizzazioni – si regala ai follower ogni scampolo della propria vita privata. Ovviamente piegata alle esigenze del web: c’è chi lo sopporta e arriva “sull’Olimpo”, chi invece capisce che non era quello che voleva.
È il caso di Federica Micoli, autrice di “Confessioni di un’influencer pentita” (Fabbri, 2023): i primi passi con il suo blog nel 2014 mentre lavorava per uno showroom, il successo su Instagram, le collaborazioni con aziende, le dimissioni e la gioia di poter vivere della propria passione, la sensazione di libertà. Poi, crescendo, sono arrivati i molti lati negativi che l’hanno portata a chiudere questa esperienza, ma questi ve li spiego meglio nei tre buoni motivi per leggere questo libro che ho trovato davvero interessante: uno spaccato del mondo social ricco di retroscena e curiosità. E dei suoi tanti aspetti tossici da cui tenersi alla larga.
1. Si diventa schiavi di un sistema tossico
Se all’inizio l’avventura di Federica sembrava sostenibile, negli anni è diventata un’esperienza sfibrante: si diventa infatti schiavi di un sistema tossico che richiede di essere costantemente originali (nonostante i ‘capricci’ dell’algoritmo e l’aumento spropositato degli aspiranti influencer che pur di ottenere attenzione fanno crollare la qualità) oltre che di esporre la propria vita privata per ottenere visualizzazioni. Perché questo è proprio quello che vuole Instagram.
Federica all’inizio è titubante a concedersi così tanto ai social quando capisce che la loro natura sta diventando molto più invasiva di un tempo. Poi, per non perdere il lavoro inizia a cedere: si affida a uno strategist che la mette nelle mani dei bot, comincia a pubblicare più volte al giorno video dedicati ai follower che la bacchettano se si fa sentire in ritardo, fino a rendere ingenuamente riconoscibili i luoghi che frequenta, attirando le attenzioni di una stalker. E quando dopo anni iniziano a mancare le idee, insieme ai cali di follower (e di lavoro) arrivano gli attacchi di panico e le preoccupazioni. Nel libro, Federica non nasconde di essersi rivolta anche a uno psicologo.
Oltre a tutto questo bisogna anche fare i conti con un sistema spietato, fatto di concorrenza, chat segrete, un “sottobosco” che colpisce a suon di maldicenze e ripicche, con l’intento di tagliare fuori le rivali dal mercato. E con il costante rischio troll e shitstorm che arrivando direttamente al destinatario possono mettere alla prova anche i caratteri più forti, oltre a danneggiarli sul lato professionale.
2. Vite fantastiche create ad arte per Instagram
Ma a parte l’ambiente nocivo per chi ci lavora, i follower hanno veramente l’opportunità di sbirciare dalla finestra le vite fantastiche dei loro beniamini fatte di lusso e successo? No, e questo è reso ben chiaro dalle parole dello strategist di Federica: lei dovrebbe semplicemente… smettere di pensare di essere lei. Sui social è solo un “personaggio” come quello di un film o di una serie tv e mostra ai follower quello che loro vogliono vedere, non la sua vera vita. O almeno, questo è il messaggio che passa per rendere l’inganno più digeribile. Dico inganno perché in realtà questo meccanismo alla maggior parte degli utenti non è chiaro (nè spiegato) e chi lavora con il mondo dei social ha una responsabilità enorme.
Tra gli episodi che mi hanno fatto pensare, quello di un evento a cui erano stati invitati diversi influencer: qui alcuni di loro, parlando in libertà, ammettono di sfoggiare un determinato stile di vita solo per i like, faticando in realtà a sbarcare il lunario. Ma online non passa niente di tutto ciò: ogni momento della propria esistenza, anche il più orribile, dev’essere “instagrammabile” e perfetto ogni momento della sua giornata. Di fatto, consegnando molte persone a una dipendenza da social bella e buona.
3. La ricerca di un rapporto sano con i social
Con gli anni, Federica ha iniziato a sentirsi sempre più a disagio in quel mondo che, prima per passione, poi per lavoro, aveva apprezzato. C’è da dire che mentre molti anni fa Instagram era davvero un social per appassionati di foto, con il tempo è diventato qualcos’altro: una sorta di “Grande Fratello” a cui esporsi h24 sfoggiando lusso e stili di vita assolutamente irreali. Sì, l’algoritmo vuole questo e, per chi sui social ha basato la propria attività, è impossibile non tenerne conto, ma la deriva è pericolosa. Vale davvero la pena?
Secondo me no e gli algoritmi, nel momento in cui sono in grado di influenzare la vita e le scelte di milioni di persone (no, non è vero che ti danno la libertà di vedere quello che vuoi, perché ti mostrano quello che decidono loro), dovrebbero davvero essere più regolamentati anche a livello di normative nazionali.
Dunque Federica, più o meno dopo il lockdown, decide di cambiare la sua vita: niente più vita influencer in cambio di più serenità e consapevolezza. Ha perso follower? Certo, inizialmente tanti. Ha compiuto questo passo quando si sentiva pronta e adesso è digital strategist e art director per alcune aziende, nonchè apprezzabile “paladina dell’approccio sano ai social”. E chi meglio di lei che, dei social, ha esplorato anche i lati oscuri?