Tre buoni motivi per leggere “Candy Candy” di Keiko Nagita

Tempo di lettura: 1 minuto

3 out of 5 stars (3 / 5)

Per rivivere – dopo tanti anni – le avventure di una delle maggiori icone dell’immaginario giapponese.


Quando ero piccola ho letteralmente “divorato” i manga di Candy Candy che mia zia aveva raccolto pazientemente quando era bambina. All’inizio me li leggeva mia nonna, poi io, tenendomi i “tomi” rilegati (erano 4 o 5) per un sacco di anni nella mia cameretta, prima che tornassero giustamente alla legittima proprietaria. Insomma la storia della sfortunata orfanella la conoscevo davvero a memoria, e i cartoni, successivamente, non avevano retto il confronto: non c’era proprio partita. E dunque immaginate la mia sorpresa quando, a Lucca Comics & Games, ho scoperto che il manga era tratto da un romanzo giapponese del 1975, “Candy Candy” di Keiko Nagita. Che per giunta era stato ripubblicato in Italia in due volumi, edito da Kappalab, nel 2014, dopo un’ulteriore rivisitazione dell’autrice. n. Naturalmente l’ho comprato ed ecco 3 considerazioni:

1 È un romanzo per chi già conosce e ama Candy Candy. È più semplice del manga, mancano alcuni dettagli, e di altri ci sono solo leggeri accenni, per cui ovviamente lo consiglio solo a chi ha già letto il manga o visto l’anime. Sarà un bellissimo salto indietro nel tempo e nei ricordi.

2 Il romanzo è diviso in due libri da circa 250 pagine l’uno, ma è molto facile da leggere, e si finisce davvero in poco tempo. Per “tagliare” un po’, nella seconda parte l’autrice inserisce una serie di lettere tra Candy e gli altri personaggi, in modo da condensare gli avvenimenti più significativi. Certo, così si sintetizza, ma si perde decisamente la magia della narrazione tradizionale.

3 Soprattutto la seconda parte del romanzo è stata riadattata dopo manga e anime, ed è stato aggiunto un finale inedito. Avrà Candy il suo lieto fine?

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