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La collana ‘Dinamica’ è uno dei fiori all’occhiello della casa editrice indipendente Capovolte, che si propone come “indipendente e femminista. Una micro realtà in movimento che vuole vedere le cose da una prospettiva diversa. Appunto, Capovolte“. All’ultimo Book Pride di Genova abbiamo avuto modo di parlare con l’ideatrice e l’animatrice di questo progetto, Ilaria Leccardi, scoprendo un catalogo sempre più ricco e originale e spesso ispirato allo sport. Titoli coraggiosi e non banali come “La strada si conquista. Donne, biciclette e rivoluzioni” di Manuela Mellini, un manuale di resistenza tenace e gentile.
Il libro, in breve
Manuela Mellini, redattrice e autrice, scrive un saggio storico e sociale con lo stile e il ritmo di una narratrice e di una reporter. Così, in poche pagine, riesce a restituirci l’epopea del rapporto tra le donne e la bicicletta. Dagli anni delle pioniere, quando i maschi fanno di tutto per impedire alle donne di salire in sella, per impedire la loro emancipazione, al periodo tra le due guerre quando Alfonsina Strada sfida ogni convenzione e riesce ad essere la prima (e unica) donna a partecipare al Giro d’Italia dei maschi. Dalle vicende delle staffette partigiane durante la Resistenza alla battaglia non ancora vinta dell’uguaglianza di donne e uomini nello sport professionistico per arrivare alla lotta delle biciclette per conquistare le nostre città con una nuova idea di tempo e di sostenibilità. Una storia di cadute e di vittorie che vuole e deve ancora essere scritta nel futuro.
“La strada si conquista” è un libro che rende giustizia a tante donne che la storia ha preferito dimenticare (e quindi cancellare) e che merita di essere letto per almeno tre buoni motivi.
1. Il patriarcato in bicicletta
Cosa vuole, in sostanza, il patriarcato? Che le donne stiano a casa. Che non si muovano, se non accompagnate dagli uomini. E quando arrivò la bicicletta il patriarcato le provò tutte per impedire alle donne di salirci. Manuela Mellini ci racconta gli stratagemmi di prelati, medici, politici e imprenditori per rendere la bici difficile per le donne, il loro corpo, i vestiti che erano costrette ad indossare, la loro moralità. É un racconto desolante, di cui però non ci stupiamo. Grazie alla volontà di molte donne che sfidarono gli ostacoli, il dileggio e le molestie, molti risultati sono stati raggiunti. Certo, di strada ce n’è da fare ancora moltissima, come dimostrano le difficoltà delle atlete professioniste che portano medaglie olimpiche mentre sono pagate molto meno degli uomini: ma le donne sono pronte a nuove rivoluzioni e nuove conquiste.
2. Le straordinarie avventure di donne libere
Manuela Mellini è romagnola, Alfonsina Strada era emiliana e quando la prima racconta la seconda sembra proprio di vivere, come cantava Guccini, tra la Via Emilia e il West. La vicenda sportiva e umana di Alfonsina, capace di concludere un Giro d’Italia quando le tappe duravano giorni e notti su strade bianche e la sfida era con i limiti dell’estremo, è un libro dentro il libro che fa trepidare tra avventura, gioia ed emozioni. Alfonsina sapeva andare in bicicletta, Manuela sa scrivere in un modo antico (tra Verne e Salgari) e giovanissimo: veloce, coinvolgente e, soprattutto, coinvolto. Così anche le vicende delle staffette partigiane non scadono mai nell’aneddoto ma sono vive, pulsanti e ci insegnano senza annoiarci mai. La strada si conquista salendo in bicicletta e scrivendo su una pagina.
3. Città a misura di donne e biciclette
Le città in cui viviamo sono costruite per seguire i tempi di una società in cui gli uomini usano l’automobile. Ma è una realtà sempre più insostenibile. Abbiamo bisogno di nuove città, pensate al femminile: per liberare le strade, per un turismo a misura di persone e natura, per semplificare gli spostamenti e liberare spazi dalla produzione e dalla merce. Abbiamo bisogno delle città che pensano oggi cicliste, attiviste e progettiste urbane, e questo libro è importante perché indica una via non solo per le donne, ma per noi tutti. Per essere più liberi, come quelle donne di ogni cultura ed ogni paese che grazie a una bicicletta rompono l’isolamento, l’oscurantismo, le tante forme che può assumere un velo.