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“Insorgiamo – Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)” è un racconto scritto da un’intelligenza creativa collettiva non artificiale ma concreta, che andrebbe definita semplicemente per quello che è: coscienza di classe
Il 9 luglio 2021 il fondo di investimento Melrose invia una pec alle organizzazioni sindacali della GKN di Campi di Bisenzio: lo stabilimento delocalizza e chiude, e i più di 500 lavoratori e lavoratrici sono licenziati. È appena stato rimosso il provvedimento di blocco dei licenziamenti introdotto durante la pandemia.
La GKN produce semiassi per il gruppo Stellantis (Fiat) ed ha, dal 2017, un Collettivo di fabbrica che decide di non subire la decisione di Melrose ma di insorgere. Nonostante i vigilantes, lo stabilimento viene occupato e inizia una lotta che coinvolge tutto un territorio e una città – Firenze – e poi si estende a macchia d’olio convergendo con altre mobilitazioni: le manifestazioni studentesche per la scuola pubblica scatenate dalle morti durante l’alternanza scuola/lavoro, le vertenze di altre fabbriche, la mobilitazione dei precari, lo sciopero nazionale della sanità pubblica e tante altre.
La lotta, dopo 6 mesi, porta a un primo accordo per la reindustrializzazione della fabbrica e che coinvolge anche i subappalti, ma il Collettivo non smobilita: perché il percorso è ancora tutto da scrivere, e le trappole saranno ancora tante.
“Insorgiamo – Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)”, pubblicato nella straordinaria collana Working Class di Alegre Edizioni, è la cronaca, raccontata dal Collettivo GKN, di quanto accaduto da quel 9 luglio al marzo del 2022. Il racconto di una lotta di classe, certo, ma anche un’analisi lucida e spietata dei meccanismi e delle volontà che l’hanno generata, che affondano in trent’anni di attacchi al mondo del lavoro e ai dispositivi di sicurezza e libertà delle persone, in trent’anni in cui la disuguaglianza è tornata a livelli che non si vedevano dalla fine dell’800.
È un racconto scritto da un’intelligenza creativa collettiva non artificiale ma concreta, che andrebbe definita semplicemente per quello che è: coscienza di classe. È un racconto che contiene solo due nomi (di battesimo), di due persone morte durante il periodo narrato. Perché non contano i nomi e gli individui, ma le forze collettive in gioco. È un diario che interroga chi legge, ancor più che raccontare chi scrive. Le sue voci sembrano sgorgare dalla stessa profondità storica di quelle dei minatori di “GB84” di David Peace e il suo spirito sembra dire, come desiderava Mark Fisher, che l’inverno può finire e l’estate sta arrivando.
Potremmo dire molte cose, ma la cosa migliore crediamo sia far parlare queste voci: rispettarle, senza interpretarle, perché sono forti proprio per questo. E vogliamo che siano il nostro Primo Maggio.
Da “Insorgiamo – Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)”:
Fate un favore a voi stessi unendovi alla nostra lotta. Insorgiamo.
È difficile, non impossibile.
Noi abbiamo fermato la delocalizzazione con gli strumenti che avevamo a disposizione, ossia coi nostri corpi. Ma voi che strumenti avete per fermare la delocalizzazione? Se non avete strumenti, è giusto dichiarare che oggi lo stato e il governo sono impotenti.
Vi abbiamo chiamato qua, davanti alla fabbrica, perché avevamo bisogno di non guardarvi soltanto attraverso la tastiera, i like, i commenti.
A volte quelli che ci vengono a domandare come stiamo, stanno messi peggio di noi. Perché magari a noi non ce lo dicono ma hanno il contratto precario che gli scade questa settimana. Magari il giornalista che mi viene a intervistare non lo dice ma fa il pezzo a 5 euro a cottimo. Noi non abbiamo mai lavorato a cottimo e mai ci lavoreremo. Quindi lo chiediamo noi a voi: come state?
E la paura ti piega, ti domina e a un certo punto inizi ad accettare le mediazioni al ribasso. Non ci ammaleremo della loro paura.
Quest’autunno proviamo a rimettere il vero dualismo al centro della società, che non è quello “vax sì vax no”. Il vero dualismo è tra chi sfrutta e chi è sfruttato.
Non venite in piazza per i nostri problemi di lavoro. Venite in piazza con i vostri problemi.
Vedremo se saremo cronaca o storia. Ma riusciremo a essere storia se lo saremo tutti. E se saremo tutti, saremo diversi.
Perché sia chiaro: in questa vicenda l’economia, la produzione, l’efficienza, il dinamismo siamo noi.
Quel maledetto vizio di conoscere cosa si produce, come lo si produce e di pensare a cosa sarebbe socialmente necessario produrre.
Non ragioniamo in termini di vittoria o di sconfitta, ma solo di dovere, resistenza e dignità.
Se anche solo la nostra lotta finisse oggi stesso, se il nostro risultato fosse quello di trasmettere alle nostre figlie e ai nostri figli, alle studentesse e agli studenti e ai lavoratori del futuro il senso della lotta, della dignità, dell’organizzazione, avremmo fatto comunque qualcosa di importante.
E insorgeremo a riveder le stelle.