Tre buoni motivi per leggere “I russi sono matti” di Paolo Nori

Tempo di lettura: 2 minuti

3.5 out of 5 stars (3,5 / 5)
  • Spassoso
  • Interessante
  • Capitoli brevi e con un ottimo ritmo

Devo ammetterlo, ad attirarmi è stato il titolo de “I russi sono matti” di Paolo Nori (Utet, 2019): quando l’ho visto, tra le offerte di Prime Reading, sono rimasta incuriosita, e l’ho subito preso in prestito, iniziando a leggerlo subito e finendolo pochi giorni dopo.

E dunque ecco perché leggere questo corso sintetico di letteratura russa scritto da Nori, laureato appunto in Lingua e Letteratura Russa, traduttore dal russo, scrittore e blogger per “Il Post”.

1 Perchè è divertente, ricco di ironia, incuriosisce e non annoia: in questo saggio un po’ rocambolesco Nori racconta aneddoti divertenti e curiosità spassose, riuscendo allo stesso tempo a parlare (seriamente) di letteratura russa. Un manuale che con il suo piglio esilarante attira anche chi non se ne intende, o non è particolarmente attirato dall’argomento. E alla fine raggiunge l’obiettivo: incuriosire e appassionare.

2 Perché è interessante. Nori è una vera e propria miniera di aneddoti e curiosità: da Gogol’ che dopo ogni (supposto) fiasco fugge all’estero, a Brodskij che si fa dettare dall’agente del Kgb il motivo della sua stessa richiesta di espatrio. Da Tolstoj che in una lettera dice di non poterne più di scrivere «la noiosa, la triviale Anna Karenina» ai turisti più interessati a visitare la casa dove nella finzione abitava il protagonista di “Delitto e castigo”, che non la sede della polizia dove Dostoevskij fu nella realtà processato. E tanto altro, scoprendo così il rapporto dei russi (e della loro letteratura) con l’amore, la vita quotidiana e il potere.

3 Perché la narrazione scorre veloce tra capitoli brevi e un ottimo ritmo. Vale la pena poi spendere due parole sul linguaggio assolutamente semplice, originale e dissacrante di Nori, che scorre come un flusso di coscienza, tra ripetizioni e un uso della punteggiatura che strizzano l’occhio molto più all’italiano parlato che a quello scritto.

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