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Ho letto, e decisamente consiglio, “Storie di libri perduti” di Giorgio Van Straten (Laterza, 2016). L’autore, che dirige l’Istituto Italiano di Cultura a New York, parla – in otto capitoli – di otto libri perduti, bruciati, strappati, rubati, scomparsi. Nell’epoca del digitale sembra davvero strano parlare di documenti andati perduti: oggi salviamo tutto in più copie sui computer, sugli hard disk, sulle chiavette, ne troviamo traccia sulle nostre caselle e-mail. Eppure c’è stato un tempo – neanche troppo lontano, e questo fa davvero pensare alla velocità della tecnologia – in cui interi manoscritti correvano il rischio di andare irrimediabilmente perduti. Pensate all’immensità di queste perdite, a cosa hanno rappresentato per gli autori stessi, per i lettori, per gli studiosi.
Ecco tre buoni motivi per leggerlo:
1 Perché gli autori dei libri in questione non sono sconosciuti (sarebbe stato troppo facile) ma scrittori del calibro di Hemingway, Byron, Gogol’ e altri. Di loro si pensa di sapere tutto, eppure alcuni dei loro testi sono andati irrimediabilmente perduti. Perché? E come? Il libro è anche un modo non convenzionale ma decisamente originale per avvicinarsi alla storia personale di alcuni grandi della letteratura, attraverso ricerche e testimonianze. Chi – “malato” di perfezionismo – ha voluto distruggere il suo manoscritto, chi lo ha smarrito, chi è stato derubato: ogni libro perduto racconta una storia che non conoscevamo.
2 Perché il libro è un gioiellino che si legge davvero in poco tempo: lo stile è estremamente scorrevole e semplice, le storie – seppur in maniera sintetica – sono raccontate molto bene.
3 Perché parlare dei libri “perduti” è un modo per farli conoscere e, in qualche modo, riportarli alla luce, riscoprirli, come se l’autore fosse un Indiana Jones della letteratura e ci portasse a vivere tante avventure in momenti e in luoghi differenti. Di cosa parlavano quei testi? Come mai sono andati perduti? Possiamo contare su alcune testimonianze che raccontano sommariamente le trame o le idee dietro ai libri ma, per il resto, come sarebbe andata se quei testi fossero stati pubblicati (capolavori o clamorosi “flop”?) possiamo solo immaginarlo. E forse anche questa è parte del fascino di questi libri perduti.