Tre buoni motivi per leggere “Nel Giappone delle donne” di Antonietta Pastore

Tempo di lettura: 1 minuto

4 out of 5 stars (4 / 5) Un “must” per chi vuole saperne di più di cultura e società giapponese, vista dagli occhi di un’esperta


Chi mi conosce sa che mi affascina molto il Giappone, con una cultura e regole sociali così diverse dalla nostra, e città in cui si fondono tecnologia futuristica e tradizione. Ho letto “Nel Giappone delle donne” (Einaudi, 2004) proprio perché ero interessata a saperne di più.

Ecco tre buoni motivi per leggerlo:

1 Chi racconta è Antonietta Pastore, non una semplice turista, ma una persona che il Giappone lo ha vissuto davvero, anche per professione: ha insegnato all’Università di Lingue Straniere di Osaka ed è la traduttrice dal giapponese di Haruki Murakami (e altri autori), e ha vissuto per 16 anni nel paese del Sol Levante.

2 Il libro racconta – attraverso la storia di alcune conoscenti dell’autrice – tutte le fasi della vita di una donna in Giappone, divise per capitoli: giovani, il lavoro, il matrimonio, la famiglia, il divorzio, il femminismo, il rapporto con la tradizione, la terza età, e così via.

3 Il libro svela molte piccole curiosità che solo un vero conoscitore della cultura giapponese può descrivere: cosa è consentito e cosa è disdicevole, il rigido ruolo delle convenzioni e della tradizione che influenza la sfera pubblica e privata. Dal rapporto con il marito a quello con la baby sitter, dalle differenze tra città e provincia al galateo delle emozioni.

Un’aggiunta è doverosa: il libro è sì del 2004, ma i ricordi raccontati dall’autrice non sono sempre attuali: risalgono fino agli anni ’70, in cui la società – nei confronti della donna – era comunque molto diversa da quella di oggi, un po’ come da noi.

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