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Con “M. La fine e l’inizio” è giunta a conclusione il ciclo di romanzi di Antonio Scurati che ripercorrono la storia di Benito Mussolini e dell’Italia fascista dal 1919 al 1945. Una saga iniziata nel 2018 con “M. Il figlio del secolo” (premiato nel 2019 con il Premio Strega) e proseguita con “M. L’uomo della provvidenza”, “M. Gli ultimi giorni dell’Europa” e “M. L’ora del destino” (tutti editi da Bompiani).
Un’operazione culturale che ha affermato in Italia l’ibdridazione tra fiction e storia con i libri che alternano capitoli narrativi a capitoli che riportano articoli di giornale, lettere, pagine di diari, trascrizioni di discorsi pubblici perché, come dichiarato dall’autore all’inizio di ogni volume: “Ogni singolo accadimento, personaggio, dialogo o discorso qui narrato è storicamente documentato o autorevolmente testimoniato da più fonti”.
L’impatto della saga è stato importante anche nelle controversie, sia per il tema trattato che ancora segna in profondità il dibattito politico, storico e identitario del nostro Paese (come ho evidenziato all’interno un mio saggio critico su Mussolini e la cancel culture), sia per il suo successo e la sua diffusione transmediale: “M” non è solo romanzo, ma teatro, podcast e una magnifica serie di Joe Wright – “M. Il figlio del Secolo” – con uno straordinario Luca Marinelli nella parte di Mussolini. Giunti alla fine di questo ciclo, a pochi giorni dall’80° anniversario della Liberazione, è possibile trarre un bilancio di quest’opera che noi abbiamo scelto di fare con cinque considerazioni, una per volume.
1. La genesi di un incubo che parla al nostro tempo
Il primo libro del ciclo “Il figlio del Secolo” è senza dubbio il migliore, sia per il ritmo della scrittura – una autentica cavalcata – sia per la capacità di ricostruire il contesto che ha portato un raffazzonato gruppo di esaltati a costruire il primo totalitarismo del Novecento. Mussolini viene raccontato per quello che era: abilissimo e spregiudicato politico, capace di entrare in sintonia con i delusi della società e di “sentire il tempo che viene”. Ma anche traditore di tutti, trasformista, egomane, misogino, tanto istrionico quanto pavido, sobillatore e aizzatore di violenze inaudite.
Questo romanzo inquieta, perché il male della democrazia che racconta è molto simile a quello che viviamo oggi: l’Italia (e l’Europa) degli anni ’20 del ‘900 assomiglia troppo a quella dei nostri anni ’20 e la speranza è che l’intenzione dell’autore, metterci in guardia, sia compresa e vada a buon fine. Anche seguendo l’esempio di Giacomo Matteotti, nemesi del duce e unico oppositore del regime che assume, nei cinque libri, un ruolo da protagonista assoluto.
2. I cattivi Italiani
Le guerre coloniali in Libia e in Etiopia raccontate nel secondo e nel terzo volume restituiscono, con precisione e senza alcuna possibilità di appello, le atrocità che l’Italia mussoliniana commise in Africa, sterminando popolazioni civili, utilizzando armi venefiche già proibite dalle Convenzioni Internazionali, razziando, terrorizzando, stuprando.
Fatti che sono stati e sono ancora oggetto di una rimozione autoassolutoria e che nei romanzi di Scurati diventano centrali e dimostrano che la violenza imperialista e razziale era uno dei fulcri dell’ideologia fascista ben prima dell’alleanza con la Germania di Hitler: è soprattutto in queste pagine che la saga di “M” si fa veicolo fondamentale di conoscenza e verità.
3. Come un dittatore meschino portò l’Italia al disastro
Il terzo volume “Gli ultimi giorni dell’Europa” è il più breve e il più oscuro. È incentrato sul legame sempre più stretto che lega la Germania di Hitler all’Italia di Mussolini, che da maestro si fa vassallo.
Scurati si concentra molto sulle differenze tra i due dittatori facendo emergere la meschineria del Duce e dei suoi gerarchi, ben consapevoli della debolezza italiana ma troppo avidi per non sperare di spolpare le carogne delle vittime dei tedeschi. Una scelta che porterà milioni di soldati italiani a morire su tutti i disastrosi fronti della guerra: dall’Africa alla Grecia, dall’Abania sino alla Russia, come raccontato ne “L’ora del destino”. È soprattutto in queste pagine che il mito di Mussolini viene completamente demolito, privato di qualunque tratto eroico e consegnato all’impietoso giudizio della storia.
4. Un ritratto della tenebra italiana
“M” è una messa in guardia a un intero popolo a non ripetere gli errori della propria storia. Raccontando la vicenda di Mussolini, Scurati chiama in causa, in modo impietoso, tutti coloro che hanno aderito al fascismo per convenienza e calcolo; che pensando di servirsi del fascismo ne sono stati asserviti; che hanno chiuso gli occhi di fronte alla violenza barbara e feroce dello squadrismo, mai davvero domato, mai davvero abbandonato nemmeno dal Mussolini negli abiti borghesi del potere.
Ma riuscendo in questo, l’autore ha dovuto mettere in secondo piano i pochi (ma non pochissimi) che si sono opposti: con l’eccezione di Matteotti c’è poco posto, in “M”, per chi resistette prima del 1943. Era forse inevitabile e lo diciamo per dire che questo ciclo sarà più utile se porterà a leggere anche le storie di chi tenne accese la luce mentre l’Italia sprofondava nelle tenebre.
5. La fine tragica di un uomo ridicolo
Nel conclusivo “La fine e il principio”, il più breve dei cinque libri, Scurati segue la decadenza patetica del Mussolini di Salò, allo stesso complice e inerme delle peggiori atrocità della guerra civile e dell’occupazione nazista. Una discesa inarrestabile dove il disastro è anche privato dal ripudio della figlia Edda per la messa a morte del marito Galeazzo Ciano al melodramma di Claretta Petacci.
Un ultimo episodio intenso, duro e forse l’unico in cui Scurati rende più esplicito il suo obiettivo pedagogico, il suo giudizio su ciò che racconta, la sua volontà di dire che può succedere di nuovo perché non ci siamo mai liberati del fantasma di Mussolini.
Ma è forse è in questa ansia del presente che il racconto inciampa un po’ nella ricerca dell’effetto e in una retorica un po’ schiacciata sul presente. Questo non toglie che “M” sia un’opera di indubbio valore letterario e storico che, anche nelle controversie, lascerà un segno nella letteratura italiana di questo secolo e non solo.