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A un anno dalla sua uscita in Giappone (dove lo abbiamo visto spopolare in tutte le librerie come raccontato nel nostro “Giappone in tutti i sensi”), è finalmente arrivato in Italia l’ultimo romanzo di Murakami Haruki, “La città e le sue mura incerte” (Einaudi, nella sempre impeccabile traduzione di Antonietta Pastore).
Lo aspettavo con impazienza e l’ho letto con grande attenzione, lasciandomi trasportare dalla scrittura coinvolgente e da una trama che, come è tipico di Murakami, alterna diversi livelli spazio-temporali e fa convivere la dimensione del reale con tante dimensioni dell’immaginario: una versione molto personale del realismo magico, a cui l’autore giapponese fa esplicito omaggio in un punto decisivo della vicenda narrata.
Una storia sospesa tra due mondi
Continuando sulla strada de “L’assassinio del Commendatore”, Murakami ci propone un’altra storia di un uomo che dopo un trauma personale decide di cambiare completamente vita, di allontanarsi dalla grande città e rifugiarsi in un piccolo paese dove coltivare una solitudine che sembra l’unico antidoto al dolore.
In “La città e le sue mura incerte” quella che il protagonista (che non ha un nome) deve elaborare è la fine, improvvisa e quasi inspiegabile, del suo primo amore. A 17 anni si fidanza con una ragazza di 16 e intrattiene con lei una relazione intensa e fondata su un fitto rapporto epistolare, sino a quando lei non sparisce, letteralmente. Per ritrovarla l’uomo accetta di andare nella città dalle mura incerte, dove deve rinunciare alla sua ombra, farsi ferire gli occhi e diventare il lettore dei sogni che sono custoditi nella biblioteca dove lavora anche la sua ragazza o una sua versione di lei, che però non ha alcun ricordo di lui. Nella città il tempo è fermo in un eterno presente e quando il soggiorno del protagonista si interrompe, questi si ritrova a crescere e a invecchiare in un mondo reale dove conduce una vita ordinaria in un’azienda, sino a quando non decide di diventare il bibliotecario della piccola città di Z. Qui incontrerà il fantasma del bibliotecario precedente, un ragazzo autistico e una barista, anche lei in fuga dal proprio passato. Qui dovrà decidere a quale mondo appartenere.
E, in fondo, il romanzo racconta il percorso che porta a questa scelta, in un’atmosfera fiabesca che, nelle diverse recensioni che ho letto, viene sempre ricondotta alla malinconia. Una chiave di lettura che non mi convince e che risolve in modo semplicistico, potrei dire “occidentale”, le sfumature di un’opera che sancisce definitivamente la centralità di Murakami nella letteratura del XXI Secolo e che speriamo possa essere letta anche da altri tre punti di vista.
1. L’amore che “sarebbe potuto essere”
Questo romanzo è la storia di un amore che non si è compiuto e che impedisce al protagonista di amare di nuovo. Perché per lui nessun sentimento può essere pieno come quello che ha provato a 17 anni. Ma quello che noi occidentali interpretiamo come rimpianto o perdita, nel pensiero orientale è la ricerca di preservare un’idea perfetta dall’usura del tempo. Noi rimpiangiamo quello che non è stato, Murakami racconta un uomo che vuole rispettare per sempre e non infrangere quello che avrebbe potuto essere.
Dove noi ci rammarichiamo per una perdita, il protagonista custodisce quella perdita: accettare un’altra relazione sarebbe rinunciare a quella perfezione che non si è compiuta e che rimane intatta solo nella città dalle mura incerte, dove il tempo è bloccato e le persone sono senza ombra. Murakami non ci racconta quindi la storia di una malinconia, ma la battaglia di un uomo contro questa trappola. Laddove la malinconia è ripiegarsi, Murakami ci parla delle strade che si possono percorrere per risollevarsi e accettare le meravigliose possibilità dei cambiamenti.
2. La saggezza dei fantasmi
La parte centrale – e predominante – del romanzo si svolge nella città di Z e nella sua biblioteca. Qui il protagonista incontra il suo predecessore nella direzione della biblioteca, una figura oltremodo singolare: perché indossa sempre una gonna e perché è un fantasma. Una coscienza senza corpo che possono vedere solo pochissime persone. Il signor Koyasu ha una storia dolorosa alle spalle ma ha dedicato tutta la sua vita agli altri, anche attraverso la biblioteca, che è un lascito della sua famiglia. É lui che guida il protagonista nella comprensione del suo animo, in una serie di conversazioni notturne, davanti a una stufa a legna e a un té.
Cerimonie della conversazione in cui Murakami dà il meglio della sua scrittura, tenendo insieme delicatezza, consolazione e tensione narrativa, perché ogni incontro porta a una svolta della trama, a una sorpresa. E per rendere indimenticabile il personaggio del signor Koyasu basterebbe la frase con cui spiega il motivo per cui indossa la gonna: “In parte è perché mettendo una gonna, mmh… ho la sensazione di diventare il verso di una bella poesia”.
3. La forza magica dei libri e della scrittura
L’amore e il valore delle biblioteche e dei libri è un tema ricorrente nella letteratura di Murakami, ma ne “La città e le sue mura incerte” assume un ruolo decisivo la scrittura, in tutti i suoi aspetti. Nella prima parte del romanzo, il rapporto epistolare tra i due fidanzati si dispiega con lo scrivere a mano, donandoci la magia di una delle manifestazione più alte dell’arte della calligrafia giapponese e il calore della carta e dell’inchiostro.
Poi, la chiave per comprendere i labirinti della trama è il concetto di sovrascrittura: ognuno di noi, quando compie le sue scelte, scrive una nuova versione della propria storia. La sovrascrittura cambia il passato accogliendolo e si apre a tutte le possibilità del futuro: se leggere ci salva dalla solitudine, scrivere ci congiunge con gli altri. E sicuramente Murakami si congiunge sempre di più con i suoi lettori che ora non possono che aspettare il prossimo romanzo.