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Com’è fatta e organizzata una Missione? Con quali sfide devono misurarsi i missionari ogni giorno, quali sono i problemi più comuni, quali le piccole conquiste, cosa fa sorridere e cosa fa commuovere le persone immerse in una quotidianità così lontana intesa come distanza ma anche come legge, usi e costumi?
Sono domande che spesso ci poniamo ma di rado troviamo una risposta, un quadro preciso. Sappiamo solo che ci sono Paesi in cui le condizioni di vita sono ancora disastrose, e che ci sono uomini e donne coraggiosi che partono da ogni parte del mondo – rischiando la loro stessa incolumità – per cercare di fare qualcosa per una popolazione altrimenti condannata a un futuro di guerra e miseria.
Ecco perché è utile leggere “Lani na Bossentelè” (che significa “C’era una volta a Bossentelé”) di padre Nicolò Ellena, edito nel 2020 dalle Missioni Carmelitane Liguri, un regalo che ho davvero apprezzato molto.
Ma andiamo dritti al punto, anzi… ai tre punti per cui vale la pena leggere questo libro:
1 Sono i diari di padre Nicolò, Carmelitano Scalzo, partito dalla Liguria nel 1971 per fondare, insieme ad altri confratelli, la prima missione dei Frati Carmelitani Scalzi Liguri in Repubblica Centrafricana, a Bossentelé. Una testimonianza molto rara e per questo preziosissima: padre Nicolò è mancato nel 2019, nei suoi diari sono racchiusi anni e anni di racconti che riguardano la missione, la vita quotidiana, la politica, la giustizia, la guerra, gli animali, la vita di famiglia, la stregoneria. Insomma un libro ricco di informazioni, aneddoti e curiosità di ogni tipo.
2 Si tratta di un racconto spontaneo, genuino e sincero, permeato da una punta di ironia, a volte impercettibile: padre Nicolò racconta le enormi differenze che ci sono tra la società da cui proviene lui e quella centrafricana, i gap culturali, le difficoltà iniziali (e non solo), l’arretratezza e le violenze in un Paese di cui forse troppo poco spesso sentiamo parlare, gli sforzi per migliorare presente e futuro soprattutto con cultura, istruzione e opere pubbliche.
3 Ammetto di aver scoperto un libro diverso da quel che credevo, e questo lo ha reso ancora più interessante: certo, c’è la religione, ma il racconto di padre Nicolò parla di mille altri argomenti, fa un quadro abbastanza preciso della vita in Centrafrica e delle sue evoluzioni, e “dipinge” con la penna tanti ritratti memorabili. Anche il suo: viene fuori l’autoritratto di una persona energica, pratica, a volte un po’ ruvida (non mancano le espressioni colorite) ma dal grande cuore, alle prese con le mille questioni della quotidianità, senza troppi fronzoli. D’altronde, soprattutto negli anni ’70 partire per il Centrafrica era veramente quel che si poteva dire un’avventura, bisognava essere molto pratici e arrangiarsi, cercando di tirarsi su le maniche per costruire un futuro migliore per la popolazione. Tanta, tanta ammirazione.