Tempo di lettura: 1 minuto
Vi è mai capitato di leggere da giovani libri (perché costretti) che avete odiato, riscoprendoli e adorandoli più avanti? A me è successo con “Le città invisibili” di Italo Calvino. Letto al liceo perché obbligata dal professore, l’avevo detestato, trovandolo noioso e dispersivo. Semplicemente forse non era arrivato il momento giusto.
L’ho riscoperto da adulta, osservando al tramonto il panorama di una città antica che visitai in vacanza. Inconsciamente quel paesaggio mi fece tornare in mente una delle città descritte nel libro. E nulla, ora lo trovo bellissimo.
Ecco i miei tre buoni motivi per leggere questo libro che parte come un resoconto di Marco Polo al Gran Kan che gli chiede di relazionarlo sui suoi viaggi:
1 Perché sono descrizioni brevi, si possono centellinare e leggere una per volta, quando vi gira, come poesie. Da tenere sul comodino e sfogliare ogni tanto.
2 Perché le città descritte sono poetiche, fantasiose, avveniristiche e antiche allo stesso tempo, magiche, incantate, fuori dal tempo e dello spazio, volutamente immaginarie… Ogni città sembra la descrizione allo stesso tempo di una civiltà perduta e dello scenario di un romanzo fantasy. Bello provare a immaginare racconti e avventure ambientati in ognuna di quelle città.
3 Non sono semplici città. La descrizione di ognuna di esse porta anche spunti di riflessione su diversi temi: la memoria, la conservazione, l’ingegno degli uomini e la loro follia, il legame con i desideri, la morte, i segni, i nomi, il cielo…