Tre buoni motivi per leggere “Il silenzio” di Don DeLillo

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4 out of 5 stars (4 / 5)

Un flash: breve, geniale, inquietante. Ogni riferimento alla società della pandemia non è casuale


Quando ho letto la trama de  “Il silenzio” di Don DeLillo (Einaudi, 2021) ho deciso di iniziare a leggerlo e – come un magnete – non sono più riuscita a fermarmi. E dunque ecco tre motivi per leggerlo, ma prima, come sempre, la trama.

La trama de “Il silenzio” di Don DeLillo: Manhattan 2022, improvvisamente, per motivi sconosciuti, la tecnologia abbandona i nostri protagonisti. Niente più internet, niente più telefono, niente più tv (solo per fare tre esempi). Tutti gli schermi diventano improvvisamente neri. Cosa sarà successo? Una guerra? Un incidente? E come fare a sapere se è successo da altre parti del mondo, visto che il flusso costante di informazioni di tv e web è interrotto? In questo contesto si intrecciano le vicende di una coppia su un aereo costretto a un atterraggio di emergenza, e di alcuni loro amici che li aspettano per cena.

Ecco perché leggerlo:

1 Perché, anche se non è un libro per tutti, la scrittura ti conquista e, una volta iniziato, ti fai travolgere dalla curiosità e lo divori (anche perché è un flash di appena 103 pagine, capitoli brevi, buon ritmo). D’altronde DeLillo, come ricorda Einaudi in quarta di copertina, è considerato uno dei più grandi scrittori viventi.

2Avendo letto la trama, non è forse il libro che ci si aspetta (se non si conosce DeLillo): monologhi surreali, reazioni inverosimili, poca azione e molta introspezione. Ma d’altronde pensiamo bene al tema: una società frenetica, quasi alienata, improvvisamente in crisi, “bloccata” da un evento imprevisto e di portata enorme, persone spiazzate che non sanno come reagire, il disorientamento, la perdita di punti fissi. Anche se il libro è ambientato in un tempo immediatamente successivo alla pandemia, il riferimento al nostro presente è evidente. Sapremo risollevarci?

3 Questo romanzo breve ci fa porre alcune domande: come reagiremmo a un trauma così grande come l’abbandono della tecnologia, l’improvvisa assenza del flusso (a volte esagerato e incontenibile) di informazioni, tweet, post, e così via? Improvvisamente isolati, senza sapere cosa sta succedendo? Scenderemmo in strada, preoccupati, arrabbiati, o cercheremmo di mantenere invano il controllo, rinchiudendoci volontariamente nella nostra “tana”, in casa o in noi stessi? Rifletteremmo su noi stessi, su quel che ci circonda? Cercheremmo di rifugiarci in qualche punto di riferimento? Avremmo anche solo il coraggio di guardare dalla finestra, o preferiremmo cullarci nell’inquietante speranza che tutto si possa risolvere in fretta? (Anche qui troviamo tanto del nostro presente). E riusciremmo a riscoprire le cose che avevamo perso di vista quando tutto era più trafelato, abbandonato alla quotidianità?