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Una bellissima storia d’amore, amore per i libri e la lettura. Ma anche per la vita, da affrontare con tenacia e intraprendenza.
“L’analfabeta” di Agota Kristof (Casagrande, 2005) è un racconto autobiografico di appena 53 pagine, si legge in davvero poco tempo, basta una pausa di qualche ora.
Ho conosciuto l’autrice – ungherese naturalizzata svizzera – leggendo la “Trilogia della Città di K”, che mi è piaciuto molto e che recensirò in seguito, e dunque perché non sapere qualcosa di più su di lei?
Ecco tre buoni motivi per leggere “L’analfabeta”:
1 Perché è molto di più di un racconto autobiografico. È un atto d’amore, un amore che si percepisce fin da subito come smisurato, per i libri e la lettura. E che, nonostante le vicende personali della scrittrice, aumenterà e fiorirà.
2 Perché è bello conoscere, dopo aver letto un bel libro, anche la storia personale dell’autore o, in questo caso, dell’autrice. In questo caso la Kristof racconta storia della sua vita, con la fuga dall’Ungheria alla Svizzera per sfuggire all’invasione sovietica, negli anni ’50. Profughi. Storie comuni ad altre che sentiamo oggi. Eppure così diverse, per il senso di accoglienza e solidarietà che si respirava.
3 Perché nonostante tutto, nonostante la fuga, nonostante il duro lavoro in fabbrica, nonostante le avversità, la protagonista – proprio come in un romanzo – non si arrende mai. Tanto che continua a scrivere anche quando sembra che nessuno la voglia pubblicare, si mette a studiare, impara a leggere e a scrivere in francese. E forse la lezione più bella la trasmette parlando dei figli: quando le chiedono il significato di una parola che nemmeno lei comprende, non risponde mai “non lo so”, ma “vado a vedere”. In un esempio di poche parole, il riassunto di un’anima curiosa e tenace.